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Sul reddito fisso è più intelligente investire a 10 anni su un’obbligazione a un tasso di interesse costante o variabile?

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Stefano Vozza

La vita è fatta di scelte intelligenti in tutte le sfere dell’agire umano, quello degli investimenti inclusi. A volte si abbracciano decisioni perdenti già in origine che si tramutano in danni cocenti sul lungo periodo. Ad esempio, sul reddito fisso è più giusto investire a 10 anni su un’obbligazione a un tasso di interesse costante o variabile? Più o meno lo stesso dubbio permane, ovviamente, anche in riferimento a durate complessive.

Vediamo di capire quali sono i termini del discorso e come, eventualmente, potersi districare al meglio.

Scegliere i titoli di Stato quando i tassi sono bassi: è una scelta intelligente?

Per avere una minima idea di quanto stiamo dicendo pensiamo a chi ha investito a lungo termine a inizio decennio. In quel periodo i tassi dei BTP erano negativi fino ai (circa) 5 anni di durata residua, mentre peggio facevano i bond di emittenti con rating più robusti dell’Italia. In quei mesi per esitare qualche decimale di punto in più ci si esponeva sulle lunghe distanze, salvo pentirsi poi nel giro di pochi semestri. Non appena le Banche Centrali hanno dato il via alle loro politiche monetarie restrittive tramite il rialzo dei tassi, i prezzi di quei bond sono letteralmente sprofondati sui mercati.

Le obbligazioni, sovrane o corporate che siano, hanno il pregio di rimborsare il capitale a scadenza e di pagare un interesse periodico già noto a priori. Tuttavia, nel corso del tempo adeguano i rendimenti per il tramite del movimento dei prezzi sul mercato secondario. Questi salgono (in genere – ma non sempre – sopra cento) quando i rendimenti scendono e fanno il contrario a variabili invertite.

Sul reddito fisso è più giusto investire a 10 anni su un’obbligazione a un tasso di interesse costante o variabile?

I prodotti del reddito fisso, bond inclusi, danno il meglio in termini di rendimenti quando sul mercato sussiste almeno una di queste condizioni:

  • l’inflazione è ai massimi di periodo ed è attesa in rientro nell’arco dei mesi a venire;
  • lo spread di uno Stato emittente è su livelli storicamente elevati. Ciò significa che il mercato pretende maggiori interessi per sottoscrivere il suo debito e, quindi, accollarsi il relativo rischio emittente;
  • i tassi ufficiali della Banca Centrale di riferimento sono ai loro massimi di periodo e anche qui si attende una loro discesa.

In pratica in questi casi si punta su un possibile ritorno reale positivo o almeno neutrale sul medio e lungo termine.

I bond a cedola variabile, invece, distribuiscono le loro cedole a tassi di interessi variabili a seconda del trend dei tassi di mercato. I questi casi è più difficile dare a priori un giudizio di massima universale, per cui è necessario un giudizio tarato sul singolo prodotto di turno e nel tempo della scelta. Ad esempio, i BTP Italia hanno cedola variabile all’andamento del carovita nazionale e in questi anni si sono rivelati utili a difendere il potere d’acquisto del capitale in essi fatto confluire.

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