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Pignoramento stipendio: il licenziamento te lo evita?

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Fabiana Coppola

Il pignoramento dello stipendio si può evitare con il licenziamento? Ecco cosa dice la normativa in merito.

Cosa succede nel caso in cui abbiamo il pignoramento dello stipendio e ci licenziamo? Ecco quello che la normativa indica in queste situazioni, che meritano un approfondimento adeguato.

Pignoramento dello stipendio, cosa succede in caso di licenziamento
Quali sono le conseguenze di un licenziamento sul pignoramento dello stipendio? – lintellettualedissidente.it

La legge è molto chiara nel caso in cui ci sia un licenziamento con un pignoramento di stipendio in corso. Ovviamente ogni situazione è specifica, ma ci sono alcune similitudini che possono accomunare le diverse casistiche: vediamo quali sono e come fare per difendersi.

Pignoramento stipendio e licenziamento: cosa dice la legge

Se un lavoratore ha un pignoramento sulla busta paga per un debito insoluto, quello che accade in caso di licenziamento non è per nulla piacevole. Il pignoramento sulla retribuzione decade, ma si trasferisce in maniera automatica sul TFR. Stiamo parlando del famoso contributo che può essere utilizzato come garanzia dal lavoratore per ottenere un prestito di denaro o fare un finanziamento.

Cosa succede in caso di licenziamento con pignoramento dello stipendio
Un licenziamento, in caso di pignoramento dello stipendio, corrisponde ad un trasferimento della misura sul TFR – lintellettualedissidente.it

Quando si hanno debiti con lo Stato o istituti di credito si rischia il pignoramento. Questo può avvenire su beni, sul conto corrente, ma anche sullo stipendio. Se il debitore è un cattivo pagatore infatti viene emesso un decreto ingiuntivo. Nemmeno gli anziani sono esenti: la misura può essere emessa anche sulla pensione. Esiste ovviamente per legge un minimo vitale che non può essere pignorato.

Nel caso delle pensioni è di 468,28 euro per 13 mensilità, quindi queste sono pignorabili solo se gli importi superano i 936,56 euro mensili. Gli stipendi invece possono essere pignorati solo oltre i 1.404,84 euro, ossia l’assegno sociale moltiplicato per tre. Se il debito viene estinto con il pagamento del 20% del TFR il debitore sarà libero. Se invece l’importo è superiore, allora il debito non si estingue e il creditore può portare avanti altre azioni esecutive, ma il pignoramento ovviamente si interrompe.

Nel momento in cui il lavoratore trova un’altra occupazione, il creditore dovrà avviare una nuova procedura per pignorare il quinto del nuovo stipendio. Ma come fa quest’ultimo a venire a conoscenza di tutto ciò? Ebbene, la legge consente a tutti di consultare l’anagrafe tributaria, un registro dell’Agenzia delle Entrate dove sono indicati i redditi dei contribuenti.

Nel caso in cui ad assumere il lavoratore sia sempre lo stesso datore di lavoro, il pignoramento cadrà sia sul TFR che sullo stipendio nuovo. Un’ulteriore procedura servirà solo se l’assunzione in questione dovesse avvenire dopo un anno o più. Ovviamente questo succede perché la legge prevede che il debito esista finché non venga estinto. Per tale motivo il pignoramento slitta anche sul TFR in ogni caso, sia per il licenziamento che per le dimissioni.

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