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La nuova obbligazione in dollari della banca francese rende il 9,50% il primo anno e poi tassi variabili: come funziona?

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Stefano Vozza

Si conferma un inizio d’anno ricco di collocamenti, questo 2024, a giudicare dalle continue emissioni di prodotti finanziari, per cui c’è solo l’imbarazzo della scelta. In base al proprio profilo di rischio, obiettivo finale e orizzonte temporale si può pescare il prodotto “più adatto” alle esigenze.

Tra i bond, le emissioni corporate si confermano in piena salute. Nelle settimane scorse ci sono state quelle, tra le altre, di Intesa Sanpaolo e di Unicredit, già viste. Ora ci spostiamo in Francia e consideriamo il neo bond di BNP Paribas. Anticipiamo già da ora che la nuova obbligazione in dollari della banca francese rende il 9,50% il primo anno e poi tassi variabili. Vediamo coma funziona.

Il bond a tasso fisso e variabile in dollari con scadenza tra 10 anni

L’ISIN del bond callable in dollari di BNP Paribas è XS2708005215. Il lotto minimo acquistabile, cioè il valore nominale, è di 1.000 $, quasi 923 € al tasso di cambio attuale (commissioni bancarie escluse). Le date di emissione e scadenza sono fissate, nell’ordine, al 12 febbraio 2024 e alla stessa data del 2034. La durata complessiva è quindi 10 anni, mentre il mercato di negoziazione del prodotto è l’EuroTLX (MTF). Come anticipato, si tratta di un callable bond, cioè l’emittente si è riservato la facoltà di estinguerlo anzitempo dal 2° anno al 9° anno di vita dell’obbligazione. Le date di rimborso sono tutte fissate al 12 di febbraio di ogni anno, dal 2025 al 2033.

La struttura cedolare del callable bond in dollari USA

Le cedole hanno cadenza trimestrale, al pari del neo BTP Valore 2030 a tassi fissi e crescenti. In particolare, il callable bond in $ di BNP Paribas rende quanto segue:

  • 9,50% annuo lordo (ritenuta al 26%) per il 1° anno di vita del bond;
  • cedole trimestrali variabili dal 2° al 10° anno, calcolate a un tasso di interesse annuo pari a 1,5 volte (effetto leva: 150%) il tasso USD SOFR, calcolato ogni giorno per ciascun trimestre. L’emittente ha previsto poi un floor allo 0,00% e un cap al 5,50% per i tassi variabili. Cioè, se il tasso benchmark divenisse negativo, la cedola sarebbe nulla, mentre se salisse oltre il 3,67% spetterebbe la cedola massima del 5,50% (cioè, 3,67% x 1,5 = 5,50%). In definitiva, quindi, sarà l’effettivo andazzo dell’economia USA (inflazione, PIL e occupazione) a guidare le future scelte della FED e, a cascata, l’entità delle cedole variabili.

La nuova obbligazione in dollari della banca francese rende il 9,50% il primo anno e poi tassi variabili

Dunque, non c’è dubbio che il bond parta fortissimo mentre poi tutto resta nell’incerto, almeno in tre direzioni. La prima ha a che fare con il flusso cedolare, variabile dal 2° anno di vita in poi del bond, sebbene racchiuso entro range minimi-massimi già noti a priori. La seconda riguarda la durata effettiva dell’investimento: la banca eserciterà la call e, se sì, quando? Impossibile rispondere, anche se il buon senso suggerisce che tutto dipenderà dal futuro trend dei tassi FED. Laddove essi divenissero stabilmente bassi la banca avrebbe interesse a estinguere il debito e ad accenderne uno nuovo a condizioni a lei migliori. A quel punto l’investitore si ritroverebbe un capitale da gestire in un mercato dei rendimenti prevedibilmente più arido. Anche all’eventuale esercizio della call l’emittente rimborserà il 100% del valore nominale sottoscritto. Poi ecco il rischio di cambio, che potrebbe fare davvero tanta differenza, nel bene e nel male, al termine dell’investimento. Se nel periodo di detenzione del bond la moneta USA si apprezzasse, a scadenza, o al momento della liquidazione del bond, arriverebbe un extra guadagno da cambio. Il contrario, invece, avverrebbe se nel frattempo il $ avesse perso quota contro l’€. Infine, occhio al rischio mercato nel caso di eventuale liquidazione anticipata del bond. In futuro il mercato potrebbe battere prezzi tanto superiori quanto inferiori a quello di acquisto, procurando, nell’ordine, guadagni e perdite in conto capitale.

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