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Se vivi in affitto morirai prima

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Gianluca Merla

L’incredibile rivelazione di una ricerca americana: se vivi in affitto potresti morire prima. Ecco che cosa dicono gli scienziati

Chi lo ha detto che prendere una casa in affitto è l’idea migliore per il proprio futuro? A sostenere il contrario è un interessante studio che ha cercato di analizzare l’impatto della vita in una casa non di proprietà sul nostro fisico.

Se vivi in affitto morirai prima
Lo studio afferma che chi vive in affitto muore prima (Ansa) – L’intellettualedssidente.it

Secondo uno studio americano, infatti, vivere in un casa in affitto potrebbe avere un impatto particolarmente negativo sulla nostra salute, tanto da accelerare il nostro invecchiamento. Un’indagine che non farà di certo piacere a coloro che hanno deciso di rinunciare al mutuo per spostarsi in affitto e avere meno vincoli.

Vivere in una casa in affitto accelera l’invecchiamento

A dirlo sono i ricercatori di uno studio pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Health. Secondo i risultati forniti dalla ricerca vivere in una casa in affitto nel settore privato, rispetto ad una proprietà diretta, ha un impatto sulla salute pari al doppio rispetto a quello relativo all’essere disoccupati rispetto al lavorare come impiegato. Alla vita in affitto, evidenziano i ricercatori, sono associati alcuni aspetti che possono incidere negativamente sulla salute fisica e psichica. Tra questi il freddo, l’affollamento, la muffa, lo stigma e lo stress. Gli stessi studiosi, però, hanno specificato che non è chiaro come questi elementi influenzino il nostro invecchiamento.

Se vivi in affitto morirai prima
I risultati suggeriscono che le persone che vivono in affitto invecchiano prima (Ansa) – L’intellettualedissidente.it

Grazie alle analisi epigenetiche e alla metilazione del Dna è emerso che i fattori ambientali, i comportamenti e una modifica chimica del Dna possono causare cambiamenti sulla nostra genetica. Inoltre, il pagamento dell’affitto – soprattutto quelli in ritardo – le circostanze abitative e l’esposizione all’inquinamento, potrebbero essere associati ad un invecchiamento più rapido. Gli studiosi hanno però voluto specificare che la ricerca ha diversi limiti. Nello studio, infatti, mancano misure contemporanee relative alla qualità della struttura abitativa, oltre ad importanti informazioni sulla metilazione del DNA. Inoltre, la maggior parte dei rispondenti erano persone di origine europee e bianchi.

Infine, i ricercatori hanno voluto ricordare che “l’invecchiamento biologico è fortunatamente reversibile”. In relazione a questo aspetto, gli studiosi hanno voluto porre l’accento sull’importanza delle politiche abitative per il miglioramento della salute. I risultati di questa ricerca, si augurano i ricercatori, per un miglioramento e approfondimento dello studio della relazione che c’è tra salute ed edilizia abitativa. Nei risultati dello studio, infatti, si auspica un miglioramento delle politiche abitative “rivolte alla riduzione dello stress e dell’incertezza relativa all’affitto privato”.

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