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Perché Immanuel Kant non avrebbe mai censurato un generale omofobo e razzista

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Paolo Zignani

Il generale più criticato d’Italia, Roberto Vannacci, trova un insospettabile alleato nel filosofo illuminista

Il libro pubblicato in proprio dal generale Roberto Vannacci, Il mondo al contrario, è volato in testa alla classifica dei libri più venduti su Amazon. Ha scavalcato la paladina dei diritti Michela Murgia. Il titolo da lui scelto non è originale. Carlo Goldoni scrisse Il mondo alla roversa, di cui Antonio Salieri fece un’opera lirica giocosa. Scherzava pure Ludwig Tieck, tra i primi romantici tedeschi, con il suo Die verkehrte Welt. Molto più serio, ma drammatico The inverted World il romanzo fantascientifico di Christopher Priest, del 1975.

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Intervento del generale Vannacci – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Il generale Vannacci invece non scherza. E’ una delle caratteristiche di questi anni, perdere il senso dell’umorismo. In Italia, patria della satira, colpisce e amareggia, dato che l’ilarità ha la virtù di convertire l’ostilità in socievolezza. Lui, comunque, è una persona serissima. E’ stato comandante della Folgore, ha un curriculum da incursore, attivo dove la guerra fa più paura. In Afghanistan e in Africa. E’ stato vice comandante della coalizione militare guidata dagli Stati Uniti in Iraq e Siria, contro i terroristi dell’Isis.

Il generale che raddrizza il mondo rovesciato

Nel secolo scorso forse sarebbe stato tra gli arditi, come si definivano certi reparti d’assalto della regia fanteria, durante la Prima Guerra Mondiale. Andavano oltre le trincee, penetravano di notte su terreno austriaco, tagliando il filo spinato. Tiravano bombe e uccidevano col pugnale. C’est la guerre.

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Una libreria non vuole vendere il libro del generale – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Con il suo curriculum e le sue tre lauree, tuttavia, è finito a dirigere l’Istituto geografico militare. Com’è possibile? A qualcuno molto in alto, Vannacci non garba, è chiaro. E’ genuino, ruvido, non cerca compromessi. All’improvviso, però, dopo lunghe meditazioni, il generale si è accorto le mappe sono tutte sbagliate e si è rivelato scrittore. Per dirci splendidamente dall’istituto geografico che il mondo è al contrario. 

Ha combattuto l’Isis, difende la “normalità”

Spavaldo e indomito, il generale ora contesta la “dittatura delle minoranze”, etniche e sessuali. Vede un mondo dominato da cupe lobbies, che distruggono per mezzo dell’immigrazione la tradizione italiana. Rivendica il bisogno di chiarire bene che una “normalità” esiste e che i gay non sono normali. Sostiene il “diritto all’odio”, che, mero sentimento personale unito a una buona dose di personale sentimento del disprezzo, non avrebbe a che vedere, per lui, con l’incitamento alla violenza. Nel mirino del moderno ardito c’è il “politicamente corretto“. Allora come non prenderlo in considerazione?

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L’intervista di Rete4 dopo il licenziamento del generale – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Perché “l’eccesso di tutela diventa censura” titolava nel 2020 Millennium. Contro il generale, però, critiche a valanga. Viene rimosso. Lo Stato Maggiore lo considera omofobo e razzista. Sui social si prende del “cavernicolo”, come se nelle caverne non ci fossero state straordinarie menti pensanti. Il ministro Crosetto non lo difende. Roberto Fiore di Forza Nuova lo invita a candidarsi a Monza, nel seggio che fu di Silvio Berlusconi. Lui rifiuta: fa il soldato dall’età di 17 anni, combatte da 37, andrà avanti così. E non si schiera con nessuno. Solo dopo la cacciata, il capogruppo di Fratelli d’Italia Mandelli si spende per lui.

Ha rifiutato la candidatura nel seggio di Berlusconi

Nasce il gruppo Facebook “Io sto con Roberto Vannacci“, dove viene portato in trionfo. Lo si trasforma in un hashtag e si invoca la rivoluzione italiana. Ma c’è un problema enorme. Come mai non ci si può più esprimere liberamente? Il grande progresso di trattare con rispetto le diversità si è rovesciato in un rigurgito medievale oscuro. Non ci si sente liberi, quando lo si è senza saper usare la libertà.

Vannacci invece lo sa. Sente il bisogno di dichiarare quale sia l’orientamento sessuale “normale”, riducendolo a un dato statistico. La palma della normalità spetta all’eterosessuale puro. Come se sapessimo chi è omosessuale, chi si sente maggioranza, come se fosse importante sentirsi parte di un gruppo statistico calcolato chissà come e da chi. Esiste forse un censimento degli omosessuali? Si farà l’albo nazionale degli eterosessuali puri, da aggiornare costantemente? Si vieterà ai minori la proiezione del film “L’impossibilità di essere normale”? (Richard Rush, 1970). L’eterosessuale puro avrà diritto ad almeno una scappatella gay all’anno?

Le regole si stabiliscono guardando le statistiche

La conseguenza, regnante Vannacci primo, sarà indirizzare leggi e norme morali privilegiando la normalità. Si potrà finalmente dichiarare senza problemi che Paola Egonu è inadeguata allo stereotipo somatico nazionale, dato che tutti sentono il bisogno di chiarire che i suoi genitori sono nigeriani. Costanzo Preve scriveva che questioni simili favoriscono le lobbies capitalistiche, ben liete di spostare l’attenzione dalla lotta di classe alla cultura dei diritti civili e del rispetto delle minoranze etniche. Preve però era marxista.

Quel vecchio sognatore borghese di Kant, nell’opuscolo “Risposta alla domanda ‘Che cos’è Illuminismo‘”, riconosceva però il diritto di critica a tutti i cittadini. Chiunque ha diritto di criticare il suo superiore su un piano razionale dove si è tutti alla pari, senza perdere il posto. Che illusione. Infatti, in Italia l’illuminismo ha pochi follower. Lo dimostra il licenziamento in tronco di Vannacci.

Paola Egonu non classificabile come italiana

Da noi si critica solo chi ci si può permettere di criticare, appunto come ha dichiarato il generale. Pare che ognuno sia solo una quantità, una forza socio-economica e politica, un corpo misurabile, non un’anima. E’ del 2008 il provocatorio articolo di Chris Anderson The End of Theorie. Nell’era dei big data, vi si leggeva, non c’è più bisogno di alcuna teoria.

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Paola Egonu ospite di Gianni Morandi e Amadeus a Sanremo – lintellettualedissidente.it

Anderson, allora caporedattore di Wired, bibbia dei nerd, sosteneva che il modello della scienza sperimentale moderna, fondato sulla relazione tra ipotesi, modello e verifica, aveva fatto il suo tempo. Andava sostituito dal rapporto fra dati e algoritmo. Il sapere scientifico, infatti, Foucault insegna, proviene dalla disposizione alla scienza, dunque da un atteggiamento funzionale, che come tale nemmeno richiede l’essere umano in carne e ossa.

Gli algoritmi futuri daranno ragione a Vannacci?

Lo sviluppo tecnologico vertiginoso degli ultimi anni lascia pensare che le diseguaglianze tra chi saprà usare le tecnologie future, potendosi permettere l’acquisto di hardware e software opportuni, si amplierà enormemente. Gli uni elaboreranno la geopolitica, gli altri moriranno per loro sotto le bombe. Quindi Vannacci, in proiezione, con il suo appello alla statistica e non all’anima, potrebbe aver ragione.

Calerà sui noi presuntuosi umani inciviliti la soverchiante forza di un concetto, elaborato da algoritmi troppo sofisticati per le nostre povere menti sublunari. E l’etica? Quante domande! Un buon software, accuratamente istruito e aggiornato a ogni scappatella gay da un comitato di sagge intelligenze artificiali, commetterà meno errori di questo obsoleto legno storto che è l’uomo. Siamo menti troppo ingarbugliate, imprevedibili, inquiete se va bene. Non si capisce mai se scherziamo o siamo seri. Riduciamoci allora a un mucchietto di dati. Con le sue tre lauree, Vannacci ce la farà. Oppure ritroviamo il coraggio di parlare tra noi, l’ingegno necessario per capirci, e l’indispensabile ardire per vincere i duelli dell’avvenire.

 

 

 

 

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