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Elena, finalmente qualcuno paga per la sua morte

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Maria Vittoria Ciocci

A distanza di un anno e mezzo dalla morte di Elena Aubry, gli inquirenti hanno finalmente individuato il colpevole.

Le buche e l’asfalto dissestato nella Capitale non rappresentano certo una novità, eppure sembra che esistano ancora figure capaci di sottovalutare il pericolo che si nasconde dietro alla mancata manutenzione delle strade. Elena Aubry, una studentessa di soli 26 anni, ha perso la vita a causa dell’indifferenza e della negligenza, una piaga ormai dilagante. Un anno e mezzo fa stava percorrendo via Ostiense, la giovane ha perso improvvisamente il controllo della sua moto ed è quindi caduta violentemente sull’asfalto. Un incidente definito dalla Gup Roberta Conforti “prevedibile, ma evitabile”.

Elena Aubry vendicata
Elena Aubry, qualcuno paga finalmente per la sua morte – foto: Facebook – lintellettualedissidente.it

La colpevolezza sarebbe dunque da attribuire a coloro che avrebbero dovuto occuparsi della manutenzione della strada. Secondo quanto emerso durante il processo, nel 2016 si consumò un altro incidente, precisamente a 150m di distanza dal luogo dove Elena si è adagiata irrimediabilmente. La presenza delle radici, e soprattutto delle buche, venne segnalata a chi di competenza, eppure – come ha sottolineato il giudice: “Nessuno degli imputati ha adottato i necessari provvedimenti per sanare la situazione di pericolo”. Gli inquirenti hanno finalmente individuato i responsabili della tragedia.

Chi ha colpa

Sarebbe Alessandro Di Carlo il responsabile della morte di Elena Aubry, il quale è stato accusato di omicidio stradale e condannato ad un anno e mezzo di reclusione. In quanto addetto alla sorveglianza della ditta vincitrice dell’appalto per la manutenzione, avrebbe dovuto verificare le condizioni dell’asfalto e provvedere ad un eventuale sanamento della strada. Come se non bastasse, oltre ad aver sottovalutato il pericolo, Di Carlo ha “omesso di segnalarlo agli uffici competenti”.

Elena insieme a sua madre Graziella
Elena Aubry insieme a sua madre, Graziella Viviano – foto: Facebook – lintellettualedissidente.it

L’imputato ha sostenuto la sua estraneità, sostenendo di aver comunicato la presenza delle radici e di aver lasciato il compito di provvedere all’amministrazione. I giudici hanno accolto le attenuanti generiche, arrivando alla sentenza finale: un anno e sei mesi di reclusione. Nel frattempo la madre di Elena ha comunicato tramite una diretta Facebook i risultati del processo: “I giudici hanno capito e si sono fatti strumento di un passo avanti nella civiltà di questo Paese” – sono state le sue parole – “Fino ad oggi questo tipo di delitti venivano archiviati. Adesso c’è un precedente importante“. Oltre a Di Carlo, sono stati individuati altri sette imputati in attesa di giudizio, tutti funzionari comunali.

 

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