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Le mani sporche di Israele

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Armando Del Bello

E alla fine è iniziato il disastro. Venti giorni di attesa, da quel 7 Ottobre che cambierà il mondo non sono bastati.

Non ha voluto attendere oltre. E’ come se temesse che gli passasse la rabbia, Israele, incapace di ragionare oltre i confini del proprio livore, se guardasse ai limiti imposti dalla realtà. Incapace di vedere l’illusone di forza che è data da una congiuntura malefica di opportunità e sdegno. Come in una rissa, dove devi picchiare presto e bene, altrimenti rischi di ragionare, avere paura e sembrare pavido. No, la grande Israele non può sembrare prudente, se questa scelta può essere barattata e fraintesa nei mercati dell’odio.

Bombardamenti Gaza la situazione
Le mani sporche di Israele-Credit ANSA-L’intellettualedissidente.it

 

Perché quello che importa non è la scelta in sé, gli orizzonti morali, avrebbero detto due secoli fa. No, è l’idea di sé stessi, un crocevia che è messa in scena e propaganda. L’interpretazione del proprio personaggio, la ricerca di una coerenza che, alla fine, è solo una via di sopravvivenza, in un gomitolo inestricabile. L’intrico soffocante che Israele si è costruita attorno.

Israele non attende più ed entra

Occhio per occhio, dunque. Se qualche ingenuo ha pensato che Bibì Netanyahu – il perdente che ha trasformato il proprio paese in una caricatura della democrazia, in un’ombra dalla pazienza limitata, offesa da una prepotenza strisciante e ottusa, la propria – potesse arretrate, comprendere quale disastro stesse preparando è rimasto sveglio, stanotte, mentre l’esercito di Davide rendeva quello che resta di Gaza un luogo da cancellare. Perché questo è il disegno. Un’iniziativa senza pensiero strategico e ben al di là della vendetta.

Bombardamenti situazione oggi Gaza
Bombardamenti Gaza la situazione odierna-Credit ANSA-L’intellettualedissidente.it

Perché se la logica fosse stata solo quella della punizione venti giorni di assedio, il computo dei morti che ha presto doppiato le vittime dell’assalto di Hamas avrebbe portato a saziarsi anche il cuore più nero in cui pulsasse un barlume di logica. Ma no, non è così.

Bibì il sanguinario

Israele sembra voler chiudere i conti non solo con la Palestina – ma con parte della propria Storia, nella quale si è sentita reietta, negata e offesa oltre ogni parola. E, dopo l’ennesimo affronto di quel sabato maledetto, si inebria al piacere di sentirsi carnefice, come un lupo che fa strage del gregge, anche se è sazio, e quelle carcasse gli verranno a nausea più tardi, quando tenterà di cibarsene. Ma il piccolo Bibi, piccolo come il proprio soprannome, ha voluto sfidare il mondo ed il buonsenso. Scommettere sulla Storia e vedere il cielo in fiamme, stanotte, sopra Gaza.

E pensa, Bibì,  che nessuno dopo quello che è successo – e ancora dovrà accadere – proverà ritegno e nausea nello stringere la sua mano, anche se trovasse un fazzoletto con cui renderla presentabile. “Sei un sanguinario” gridò il servo della casa di Saul a Davide, il re. Ed egli comprese. “Se mi maledice è perché il Signore gli dice di farlo” disse (2 Samuele, 16). Ma Davide il grande era Davide. Bibì è solo Bibì, per la svenuta di Israele. E del mondo intero.

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