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URSS, la storia di una grande potenza mondiale

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Si chiamava Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, da qui l’acronimo URSS. Nel ventesimo secolo quest’agglomerato di nazioni è stato uno delle più grandi potenze mondiali, con una rivalità nei confronti degli Stati Uniti tale da riempire pagine, purtroppo terribili, di storia. Nata nel 1922 si è dissolta nel 1991 con l’indipendenza raggiunta gradualmente dagli stati che la componevano. Al suo interno, infatti, convivevano un folto gruppo di popolazioni sostanzialmente differenti per abitudini, usi e costumi anche se poi, dal punto di vista geografico, la Russia occupava la maggior parte dello spazio, fino a tre quarti dell’intera repubblica. Fu questo il primo paese in assoluto a introdurre ufficialmente l’economia socialista che si differenziava da quello capitalista poiché il sistema di produzione di beni e servizi non serviva per generare profitto ma direttamente per l’uso.

Come nacque l’Unione Sovietica

Il principio di causa-effetto è una correlazione tra due fenomeni per cui il secondo, l’effetto, è prodotto dal primo, la causa. Nel caso della nascita dell’Unione Sovietica le origini vanno ricercate nella Rivoluzione d’ottobre del 1917: i bolscevichi, guidati da Vladimir Levin, erano arrivati al potere in Russia approfittando della fase di stallo di un governo provvisorio che aveva fatto seguito alla caduta del secolare impero zarista. La Russia di quel tempo si caratterizzava per essere un paese dalla forte impronta multietnica. Ciò era dovuto alla politica di conquista attuata negli anni che aveva consentito alla nazione di estendersi sia in zone non particolarmente popolate, come ad esempio la Siberia, che in altre dove invece c’era già una popolazione strutturata.

La guerra civile, che portò alla salita al potere dei bolscevichi, durò al 30 dicembre 2022 dopodiché si diede il via ad uno stato federale nel quale, quanto meno sulla carta, ogni singola repubblica avrebbe dovuto mantenere una propria autonomia. Tutto era di proprietà dello stato con il potere politico in mano ai soviet. Quindici erano i paesi a far parte dell’Unione Sovietica: la Russia, che occupava il 75% del territorio, era infatti affiancata da Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Estonia, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldavia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan. In totale lo stato si estendeva su una superficie di 22 milioni di chilometri quadrati, appartenenti a due continenti diversi come Europa e Asia, diventando il più grande del pianeta con circa 300 milioni di abitanti contati negli anni Ottanta. Il Partito Comunista dell’Unione Sovietica deteneva il potere comandando tutto dalla città di Mosca, all’interno della propria sede conosciuta ancora oggi come il Cremlino.

Da super potenza mondiale al crollo URSS del 1991

Da Lenin a Stalin, il cambio dell’Unione Sovietica fu radicale con la strategia di metodi repressivi e l’eliminazione fisica di ogni nemico o possibile minaccia al potere. Furono milioni le persone uccise o torturate all’interno dei gulag siberiani, che erano campi di lavoro mascherati da prigioni. L’economia veniva definita con piani di cinque anni che prevedevano l’industrializzazione del paese e la sua trasformazione in una potenza mondiale. Nella guerra contro il nazismo un’importante vittoria dell’Unione Sovietica fu la conquista di Berlino del 1045, in risposta ad un attacco subito precedentemente dai tedeschi.

Dalla Seconda Guerra Mondiale l’URSS ne uscì ancora più forte, anche per l’esplosione del socialismo che si diffuse anche in altri paesi tra i quali ad esempio la Cina. Ciò portò ad un clima di tensioni con l’altra super potenza mondiale, gli Stati Uniti d’America, con la quale l’URSS si ritrovò a combattere fino agli anni Novanta in una Guerra ribattezzata Fredda. La crisi del sistema sovietico si concluse con l’indipendenza, graduale, di ogni stato membro a partire dal 1991 anno in cui l’Unione cessò di esistere. Anche dopo la morte di Stalin, avvenuta nel 1953, il Paese non diventò mai realmente democratico con un tenore di vita delle persone inferiore a quello in Occidente, nonostante i tentativi di Michail Gorbačëv per garantire maggiore libertà e diritti ai cittadini.

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