Emergono nuovi dettagli riguardo il caso Orlandi. Nonostante siano passati decenni, le indagini proseguono ininterrottamente.
Oltre quarant’anni di supplizio ed attesa, il fratello maggiore di Emanuela Orlandi non si arrende: tutt’oggi cerca disperatamente la verità sulla sparizione di sua sorella, avvenuta il 22 giugno del 1983. Innumerevoli percorsi d’indagine che tuttavia non hanno portato nulla di concreto. Testimonianze e telefonate misteriose, poi l’archiviazione del caso. La giovane 15enne, appassionata di canto e musica, è stata vista l’ultima volta alla fermata dell’autobus in prossimità della Basilica di Sant’Andrea della Valle. Secondo le testimonianze, un uomo misterioso – mai identificato – ha parlato con lei. Dopodiché non si è più saputo nulla.
Il presunto coinvolgimento di Papa Giovanni Paolo II, l’intervento della Banda della Magliana, Sabrina Minardi che sostenne di aver avuto un ruolo nel rapimento di Emanuela, studiato a tavolino da Enrico De Pedis – l’ipotesi di sequestro si fa sempre più concreta. Nel 2016, a causa della mancanza di prove consistenti e soprattutto di una pista di indagine precisa, l’inchiesta sulla scomparsa della 15enne viene definitivamente archiviata. Tra le ipotesi che sopraggiunsero per giustificare la sparizione della Orlandi, anche la pedofilia dei preti di Boston. Trent’anni prima dello scoppio dello scandalo, la sede Ansa ricevette dall’America una misteriosa audiocassetta.
Rivendicazioni del Caso Orlandi: identificata la donna che parlava di sequestro
Il 17 luglio la sede Ansa ricevette un’audiocassetta anonima: nella registrazione fu possibile percepire le grida di dolore di una giovane donna, la quale chiedeva disperatamente aiuto. L’audio venne fatto ascoltare al padre di Emanuela e allo zio, i quali confermarono l’identità della ragazza. Nonostante questo, pochi giorni dopo, gli inquirenti sostennero che l’audiocassetta fosse frutto di una mera estrapolazione di un film porno sadomaso. L’ex agente DIGOS Antonio Asciore affermò invece – con fervente convinzione – che l’audio consegnato a famigliari della Orlandi non corrispondesse all’originale. Fu proprio lui il primo ad accedere all’audiocassetta, il cui contenuto richiamava chiaramente ad Emanuela.
Nel dicembre del 1983, l’Ansa ricevette una seconda audiocassetta, questa volta una vera e propria rivendicazione. Un testo scritto a penna ed un messaggio vocale da Boston – luogo ove scoppiò lo scandalo dei preti pedofili – la voce di una giovane donna chiedeva alle autorità uno scambio: Emanuela Orlandi in cambio di Ali Agca, l’attentatore di Papa Giovanni Paolo II. Il coinvolgimento del Pontefice fu inevitabile, tuttavia – anche in questo caso – la segnalazione venne archiviata perché considerata una prova inconsistente. Oggi la ragazza artefice della registrazione ha un nome e soprattutto un’identità concreta.
Aveva 19 anni quando fu contattata da presunti rapitori, la giovane – inconsapevole, almeno così pare, delle conseguenze delle sue azioni – lesse un copione scritto. La 59enne romana è stata convocata dalla procura ed è stata sottoposta ad interrogatorio dalle autorità. Sostiene di aver assecondato ingenuamente le richieste degli artefici del crimine, senza tuttavia conoscere precisamente le agghiaccianti dinamiche del caso Orlandi. All’epoca viveva in Massachusetts, motivo per cui l’audiocassetta risulta inviata da Boston.