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L’esercito israeliano ha vissuto ore da incubo

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Paolo Zignani

Gli abitanti della zona del confine con Gaza city hanno chiamato aiuto per ore, ma i soldati che dovevano proteggerli erano in Cisgiordania.

Con il passare dei giorni, diventa sempre più chiaro che cos’è successo sabato mattina, nel terribile 7 ottobre di Israele, quando il fattore tempo ancora una volta si è dimostrato decisivo. Un’organizzazione terroristica come Hamas, che ha alle spalle decenni di storia, motivazioni radicate e cicatrici profonde, grazie alla collaborazione di uno Stato come l’Iran e ai contatti con altre organizzazioni sorelle, ha potuto evolversi rapidamente.

Mentre i miliziani di Hamas, dopo aver sfondato le barriere intorno a Gaza con le ruspe o gli esplosivi, si lanciavano verso i villaggi più vicini, l’esercito israeliano si trovava in Cisgiordania, a proteggere i coloni. Non era mai successa una cosa simile: la sicurezza negli insediamenti di Kfar Azza, Nahal Oz, Be’eri, Re’im, a cinque chilometri dal confine, esisteva, sì, ma in forma tecnologica.

I soldati di Netanyahu erano in Cisgiordania

Solo fotocellule, sensori, bit, con pochi soldati presenti. C’erano cannoni automatici. Impianti che sono stati disattivati rapidamente. I terroristi sapevano benissimo che cosa fare e quanto tempo avevano a disposizione. Ne hanno avuto probabilmente più di quanto credessero, perché il 70% dei militari israeliani era in Cisgiordania, a sorvegliare le case dei coloni, costruite su un territorio contestato. A difesa del confine con Gaza c’era una divisione, con il comando però a Be’eri, subito assalito. I militari sono stati uccisi, feriti o presi in ostaggio, sicché i soldati hanno perso ogni punto di riferimento.

L'esercito israeliano ha vissuto ore da incubo
Una delle piccole salme di Kfar Azza, dove 40 bambini sono stati uccisi – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Dopo aver divelto i cancelli alle 6 ora locale, sono saliti a gruppi sui cassoni dei pick-up oppure sono volati con deltaplani a motore, e in pochi minuti sono arrivati nei villaggi e nella zona del rave nel deserto, che ai giovani partecipanti era stata presentata probabilmente come sicura. Gli esperti di Israele hanno analizzato l’accaduto e il New York Times ha ricostruito i tempi. In alcuni villaggi i soldati sono arrivati sette o otto ore dopo, in altri persino venti ore dopo. Nei kibbutz vicini al confine con la Striscia ci sono testimonianze che parlano da sole: messaggi di persone senza armi, che si nascondevano terrorizzate dalla furia omicida dei miliziani e che per ore hanno chiesto aiuto senza riceverne.

Esercito d’Israele, ore da incubo

Gli uomini di Hamas hanno avuto tutto il tempo per trovare i ragazzi che ballavano al rave del deserto del Negel. Alcuni sono fuggiti: gli aggressori hanno potuto rubare alcune automobili e raggiungerli nel deserto. Altri sono rimasti nascosti tra i cespugli per molte ore: in alcuni casi i soldati sono arrivati a salvarli solo 20 ore dopo l’allarme. Il rastrellamento aveva già mietuto sangue senza alcuna pietà. I lanci dei razzi sono cominciati alle 6.30 ora locale: l’esercito ha ricevuto l’allarme però ha impiegato 70 minuti per dire agli abitanti dei kibbutz di non uscire di casa.

L'esercito israeliano ha vissuto ore da incubo
Dopo le stragi nei kibbutz, sono giorni di dolore e lacrime – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Troppo tardi, rispetto alla velocità fulminea e all’organizzazione di Hamas, che già lanciava razzi su Sderot, rincorreva i ragazzi del rave e setacciava i kibbutz, entrando e uscendo dalle case, anche tornando la seconda volta, in una razzia che non risparmiava nessuno, neanche i bambini. La dichiarazione dello stato di guerra è delle 8.30, confermata dal ministro della difesa alle 10, tre ore e mezza dopo.

Una difesa di burro, fatta solo di software

Sotto accusa, da parte dei giornali e degli analisti, è stata messa la politica di Netanyahu, il premier che ha impegnato l’esercito quasi tutto in Cisgiordania, dove aveva autorizzato ripetutamente nuove case di coloni in un territorio particolarmente contestato. Per i guerriglieri e buona parte dell’opinione pubblica, i coloni occupano ed estendono lentamente e continuamente Israele, contro il dissenso palestinese indignato e furibondo, sostenuto dal mondo arabo e criticato da molti europei e statunitensi.

L'esercito israeliano ha vissuto ore da incubo
Dopo il 7 ottobre, armi ai civili che abitano sul confine con il Libano – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Molti israeliani erano già morti, alle 12.21, quando l’esercito di Tel Aviv ha annunciato di aver mandato i soldati nelle zone sotto attacco. Nel kibbutz di Be’eri abitava un’infermiera, Amit Man, di cui il New York Times ha pubblicato un messaggio mandato ai familiari attorno alle 11.30, cinque ore dopo l’attacco: dov’è l’esercito? Non credo che uscirò di qui. E così è stato. I soldati sono entrati in casa sua soltanto due ore dopo, troppo tardi.

 

 

 

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