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Per buona parte della storia dormire 7 o 8 ore di fila è stata considerata una follia, lo sapevi?

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Albert Verdese

La parte più stimolante della storia nell’umanità non riguarda la conoscenza di nomi e date di battaglie e conquistatori, ma l’osservazione della vita quotidiana delle persone come noi.

Uno storico pagherebbe oro per avere la possibilità di parlare con un contadino medievale e sapere da quali pensieri era dominata la sua testa. Uno degli ambiti più affascinanti e sconvolgenti per chi studia la storia è scoprire il fatto che, prima della rivoluzione industriale, gli esseri umani dormivano diversamente da noi. Il loro riposo notturno era semplicemente suddiviso in due metà, tra le quali spesso passava un paio d’ore. È il cosiddetto sonno bifasico, riscoperto recentemente da storici e antropologici. Per buona parte della storia dormire 7 o 8 ore continuativamente era l’eccezione. Ma cosa facevano tra le due fasi di sonno gli umani?

Come era organizzato il sonno bifasico

Parte del merito degli studi va a Roger Ekirch, uno studioso americano che ha dedicato parte della sua carriera a trovare prove a fondamento della tesi, che oramai viene comunemente accettata. Nelle cronache quotidiane, nelle lettere, nei riferimenti indiretti della letteratura è possibile confermare l’universalità del sonno bifasico. Nel Medioevo gli esseri umani non avevano l’illuminazione elettrica. Il sole tramontava presto, e dopo qualche ora trascorsa di fronte al fuoco del braciere o alla luce di una candela, semplicemente, si coricavano. L’orario era quello delle 20 o delle 21.

Dopo aver riposato per circa quattro ore si risvegliavano. Il motivo? Forse la scomodità dei letti, oppure la necessità di controllare che tutto in casa andasse per il meglio, oppure il classico appetito notturno. Oppure per il ciclo circadiano avevano un risveglio naturale. Iniziava così la fase di veglia, che durava circa due ore. Cui seguiva il secondo sonno, di circa della medesima durata rispetto al primo, che si interrompeva con l’alba e con l’ingresso della luce, che costituiva semplicemente una sveglia universale.

Per buona parte della storia dormire 7 o 8 ore era l’eccezione. Ma cosa facevano tra le due fasi di sonno gli umani?

Nella fase intermedia si ritiene acclarato che le attività fossero variabili a seconda delle situazioni sociali. Spesso si parlava, si meditava, si pregava. I contadini osservavano se gli animali stessero bene. Verosimilmente era il momento più sfruttato per le attività sessuali. Insomma, come per tutto ciò che riguarda le nostre giornate, pur all’interno di alcuni passaggi costanti, ognuno si organizzava secondo le proprie esigenze. Il sonno bifasico corrispondeva comunque a delle esigenze molto condivise.

Inoltre, la sua esistenza spiega perché nelle cronache antiche e medievali si parla spesso di primo e di secondo sonno. Ma anche di sogni che sembrano veri, di visioni premonitrici e via dicendo. L’attività del cervello, infatti, era nella fase del cosiddetto dormiveglia. Uno stato intermedio tra piena funzionalità e sonno. È impossibile dire quali fossero gli effetti. La scienza moderna non ha mai potuto studiare cosa avvenisse nel corpo sul medio lungo periodo. D’altro canto, oramai nessuno utilizza questo metodo. Le giornate di tutti sono organizzate in modo da renderlo quasi impossibile.

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