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Trasferimento lavoro, se il lavoratore non accetta e si licenzia ha diritto all’assegno INPS ogni mese, lo dice la legge

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Gian Lorenzo Lagna

In base alla distanza di trasferimento dalla residenza, il lavoratore può dimettersi per giusta causa: scopriamo i casi previsti dalla legge.

Poniamo il caso cha ad un lavoratore dipendente venga richiesto dal datore di lavoro di trasferire il proprio impiego presso un’altra sede dell’azienda. E poniamo anche che la richiesta da parte del capo sia di tipo cogente, ovvero una condizione obbligatoria affinché il dipendente possa mantenere il posto di lavoro: ebbene, può quest’ultimo rifiutarsi di assecondarla? E con quali conseguenze?

Ecco in quali casi il trasferimento aziendale può comportare la disoccupazione involontaria
Il trasferimento aziendale può comportare dimissioni per giusta causa in base alla distanza della nuova sede dalla residenza del lavoratore – LIntellettualeDissidente.it

Per rispondere alla domanda ci vengono in soccorso i dettami espressi in merito dalla legge e confermati dalla giurisprudenza. In base a numerose sentenze, tra cui la più recente in ordine di tempo n. 258 dello scorso 2 ottobre espressa dalla Corte di Appello di Firenze, e all’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 22 del 2015, infatti, la situazione ipotizzata dà diritto al lavoratore di presentare le proprie dimissioni legittimamente e per giusta causa.

Attenzione, però: a patto che il trasferimento ad altra sede aziendale disti più di 50 km dalla residenza del dipendente o che la stessa sia raggiungibile in non meno di 80 minuti con l’utilizzo dei mezzi pubblici. Se queste condizioni sussistono, non solo le dimissioni sono legittime ma rientrano anche nei casi considerati di perdita involontaria dell’occupazione lavorativa: scopriamo cosa significa.

Le conseguenze di un trasferimento che comporta la perdita involontaria del lavoro

Se le nuove condizioni lavorative imposte al lavoratore dipendente non consentono a questi la prosecuzione del rapporto professionale, per oggettive limitazioni sopraggiunte e causate da fattori estranei alla sua volontà e responsabilità, ecco che il lavoratore acquisisce il diritto alla percezione dell’indennità NASpI, ovvero della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego.

Scopriamo in quali casi il trasferimento aziendale può comportare la disoccupazione involontaria
Se la disoccupazione è di tipo involontario, il lavoratore ha diritto all’indennità NASpI – LIntellettualeDissidente.it

Si tratta di una misura prevista per garantire la continuità del reddito ai lavoratori subordinati che incorrono in una condizione di disoccupazione involontaria e viene erogata dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Il quale nel 2018, attraverso il messaggio n. 369, aveva dichiarato che, in caso di “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” dell’azienda, la giusta causa delle dimissioni potesse risultare non ravvisabile.

Tuttavia, tanto la Corte di Appello di Firenze quanto precedentemente anche i Tribunali di Udine e di Torino hanno sostenuto in ogni circostanza la tesi contraria: ovvero che quando le condizioni di lavoro cambiano in modo sostanziale rispetto al concordato contrattuale originario, come nel caso di trasferimenti a distanze significative, la disoccupazione involontaria è da considerarsi come conseguenza diretta della decisione dell’organizzazione datoriale, ovvero dell’azienda.

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