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Oggi quanto valgono effettivamente 100.000 euro depositati sul conto a inizio 2020 e tenuti sempre fermi?

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Stefano Vozza

A volte vi sono convinzioni che possono nuocere gravemente non solo alla salute, ma anche al portafoglio. Meglio, all’effettivo potere d’acquisto di un portafoglio lasciato infruttifero per un lungo periodo di tempo.

Prendiamo il caso, ad esempio, di un cospicuo capitale risalente a una manciata di anni fa, tipo agli inizi del decennio. Potrebbe essere il caso di un TFR incassato al tempo del ritiro da lavoro, o l’incasso della vendita di un immobile o di un lascito ereditario e così via.

Ancora, ipotizziamo che quell’importo sia rimasto cash sul conto in banca per tutto questo periodo, “al sicuro” da ogni possibile tentazione di investimento. È stata una scelta azzeccata? Tradotto, oggi quanto valgono effettivamente 100.000 euro depositati sul conto a inizio 2020 e tenuti sempre fermi? Anticipiamo che il finale non sarà per niente allegro.

Le prime perdite certe: le spese fisse

Partiamo da una massima molto semplice ma lapidaria: i soldi liquidi costano, tanto in termini di spese fisse che variabili. Un primo fronte di spese riguarda quelle certe come l’imposta di bollo e, nella maggior parte dei casi, i canoni di gestione annua del conto. L’imposta è di 34,20 € annui per giacenze media eccedenti i 5mila €, com’è appunto nel caso da noi ipotizzato (100mila €). Facendo dei calcoli, sarebbero 34,20 € per il 2020, per il 2021, il 2022 e il 2023, più 9 € per i primi 100 giorni del 2024. Tirando le somme, quasi 146 € di imposte allo Stato.

Le spese di tenuta conto si possono abbattere in vari modi (conti a pacchetto, conti in promozione, attivando dei servizi, etc). Nei casi più fortunati può trattarsi anche di conti gratuiti, come alcuni online, per esempio. Tuttavia, spesso saranno onerosi, di importo variabile da caso a caso. Facendo una stima molto forfettaria ipotizziamo un costo annuo di 60 €. Se così fosse, ad oggi sarebbero usciti dal conto circa 250 €.

Oggi quanto valgono effettivamente 100.000 euro depositati sul conto a inizio 2020 e tenuti sempre fermi?

A questo punto vediamo altri due costi, meno visibili dei primi e di importo variabile a seconda delle casistiche empiriche effettivamente riscontrate. Il primo è il costo opportunità, cioè il costo sopportato dal mancato sfruttamento della prima alternativa disponibile a parità di condizioni. Ad esempio, un buono postale o un conto deposito a 4 anni avrebbero fruttato qualcosa a rischio quasi nullo com’è nel caso del conto in banca. Anche ipotizzando un rendimento netto annuo minimo dello 0,35% si tratta di 350 € annui persi, da moltiplicare per 4 anni.

Tuttavia, il vero dramma sta nella perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione. Vi sono periodi in cui essa è bassa per cui i danni sono modesti, mentre sono dolori quando l’inflazione è alle stelle.

Abbiamo consultato il portale Rivaluta e calcolato l’inflazione nel periodo gennaio 2020 febbraio 2024 (l’ultimo disponibile). Essa è stata pari al 16,8%, il 3,9% annuo medio, che tradotto vuol dire una scoppola per chi ha tenuto fermo quel capitale in tutto questo tempo. Tutto quello che si poteva comprare 51 mesi fa con quei soldi oggi non lo si può più fare semplicemente perché serve più moneta per acquistare sempre gli stessi, identici beni.

Vista diversamente, quella ricchezza cash immobilizzata 4 anni fa ha perso nel frattempo della capacità di acquisto. Sulla carta saranno sempre 100mila €, al netto delle spese vive sostenute. Nei fatti però, cioè in termini di potere d’acquisto, varranno sugli 83mila euro circa, euro più euro meno.

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