Il poco si conta, il nulla no. Ben presto dovremo dire addio anche al trattamento minimo dell’Inps: addio alla pensione minima.
Di certezze nella vita ce ne sono poche e, in materia previdenziale, ancora meno. Sono milioni i contribuenti che si chiedono quando potranno accedere alla pensione. I più giovani, addirittura, si chiedono se mai la vedranno la pensione. Ad oggi, molti, si consolano aggrappandosi alla speranza della pensione minima.

Anche chi ha uno stipendio esiguo e non ha molti anni di contributi, si aggrappa alla sicurezza che, una volta raggiunta l’età, quantomeno potrà contare sul trattamento minimo dell’Inps. Ad oggi, tra rivalutazioni ordinarie e rivalutazioni straordinarie, la pensione minima ammonta a poco più di 616 euro al mese.
Nel 2026, in virtù della rivalutazione dell’1,4%, salirà a circa 619 euro. La cattiva notizia è che, prima di quanto crediamo, la pensione minima cesserà di esistere. Da cosa verrà sostituita? Da nulla: milioni di ex lavoratori, dopo aver timbrato il cartellino per 20 o più anni non potranno più contare nemmeno sui questi 600 euro al mese. Quando accadrà? Prima di quanto immaginiamo.
Addio pensione minima: ecco da quando
Se pensi che vivere con 616 euro al mese sia impossibile, sappi che a breve verrà meno anche questa piccola certezza. Prima di quanto immaginiamo, la pensione minima non esisterà più. Scopriamo quale sarà la fatidica data.

Se pensi che la pensione minima sia un diritto per tutti i lavoratori, sappi che stai sbagliando. Questo diritto, infatti, era garantito solo fino all’entrata in vigore della riforma Dini, cioè fino al 1996. Pertanto chi ha contributi versati prima del 1995, ha diritto all’integrazione al minimo: la pensione viene integrata fino al raggiungimento minimo stabilito annualmente dallo Stato. Chi, invece, ha iniziato a versare i contributi dal 1996 in avanti non ha questo diritto. La riforma Dini ha cambiato radicalmente il modo in cui vengono calcolate le pensioni: ha segnato il passaggio dal sistema di calcolo retributivo a quello contributivo.
Chi ha contributi sia prima che dopo il 1996, una volta in pensione avrà un assegno calcolato con il sistema misto. Chi, invece, ha solo contributi successivi al 1996 avrà un assegno interamente calcolato con il sistema contributivo. Costoro non hanno alcun diritto all’integrazione al minimo ma ricevono solo in base a quanto hanno versato nel corso dell’intera carriera. Pertanto chi, ad esempio, ha sempre lavorato part time o ha sempre avuto uno stipendio basso, rischia di trovarsi con un assegno previdenziale di 200-300 euro al mese.
Secondo le stime nel 2040 – cioè tra soli 15 anni – la quasi totalità dei lavoratori saranno contributivi puri e, come spiegato sopra, costoro, non avendo contributi antecedenti al 1996, non hanno diritto all’integrazione al minimo. Dunque dal 2040 in poi, la pensione minima come la conosciamo ora scomparirà naturalmente e potrebbero esserci milioni di persone che, dopo 20 anni di lavoro, dovranno cercare di campare con ancora meno di 600 euro al mese.
