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Tutti licenziati per colpa dell’IA? Ecco come stanno davvero le cose

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Enrico DS

Finalmente un po’ di chiarezza sull’intelligenza artificiale: un gruppo di economisti spiega tutte le conseguenze sul mondo del lavoro. 

Negli ultimi tempi si è molto parlato – con toni allarmistici se non apocalittici – dei potenziali rischi dell’intelligenza artificiale per le nostre società e per il futuro dell’umanità tout court. Gli stessi esperti che hanno contribuito allo sviluppo di nuove tecnologie come ChatGPT sembrano voler fare un passo indietro in previsione di effetti catastrofici per l’essere umano. Un gruppo di economisti offre però una visione alternativa.

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La risposta ai timori sull’IA sta nei dati snocciolati dagli esperti di Deutsche Bank Research. (Lintellettualedissidente.it)

L’intelligenza artificiale porterà a nuovi posti di lavoro, come è successo in occasione di altri importanti cambiamenti tecnologici? Oppure provocherà ondate massicce di licenziamenti e disoccupazione, con tutte le conseguenze a livello socio-politico che è facile immaginare? La risposta sta nei dati snocciolati dagli esperti di Deutsche Bank Research.

I falsi miti sull’intelligenza artificiale

Se la storia è maestra, ogni rivoluzione industriale – e l’IA non è che l’ennesima – nonostante i timori e gli scossoni cui si accompagna, alla fine crea più posti di lavoro di quanti ne distrugga. I prodotti basati sull’intelligenza artificiale sono già in grado di generare testi, audio e video in pochi secondi e riassumerli efficacemente. È normale che molti si preoccupino della possibilità che questa tecnologia li sostituisca nel loro lavoro. Ma gli economisti di Deutsche Bank Research, una divisione di analisi economica del colosso bancario tedesco, invitano a un certo ottimismo.

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In tutte le rivoluzioni industriali è stato generato più lavoro di quanto ne sia stato soppiantato. (Lintellettualedissidente.it)

C’è chi considera l’IA come l’innesco della quarta rivoluzione industriale. Se teniamo conto di questo, per l’appunto, la storia dà ragione agli economisti sopra menzionati. Nel XVIII secolo arrivarono il motore a vapore e le fabbriche; all’inizio del XX secolo, la produzione di massa diede inizio alla produzione di beni a prezzi più convenienti; e Internet ha lanciato la nuova era della digitalizzazione. In tutte queste rivoluzioni industriali, è stato generato più lavoro di quanto ne sia stato soppiantato, nonostante tutti gli allarmismi del caso.

Gli analisti sottolineano che in realtà le fasi in cui la disoccupazione è aumentata sono state determinate da crisi economiche. “La disoccupazione ha fluttuato in risposta ai cicli economici, non alle ondate tecnologiche”, afferma Jim Reid, economista di Deutsche Bank Research. Gli esperti della divisione bancaria non escludono la possibilità che in questa nuova rivoluzione ci siano risultati diversi, soprattutto a causa della velocità nello sviluppo dell’IA. Ma ribadiscono la convinzione che l’offerta di lavoro aumenterà. Per non parlare dell’importanza di aumentare la produttività in un momento in cui il debito pubblico è in crescita e la popolazione sta invecchiando…

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