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Singapore, uomo giustiziato per aver trafficato un kg di cannabis

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Claudio Agave

Il tema della pena di morte è sempre molto discusso negli ultimi anni e, nonostante tantissimi appelli, ancora oggi in molti Paesi si viene condannato e in seguito giustiziati per motivi ritenuti coerenti con la propria condanna, se non esageratamente futili rispetto a quanto commesso. Uno degli esempi più drastici di quanto si sta dicendo arriva da Singapore, Paese in cui un uomo è stato giustiziato di recente per aver trafficato un kg di cannabis dopo una condanna ricevuta nel 2018.

La storia

Le autorità di Singapore hanno infatti annunciato al mondo la pena capitale per il cittadino Tangaraju Suppiah. Si parla di un uomo di 46 anni a cui è stato imposto il fine vita nella prigione di Changi. L’uomo era stato condannato nel 2018 per favoreggiamento al traffico di più di un kg di cannabis. Una motivazione che molti hanno definito decisamente troppo aspra per una pena di morte. Singapore ha ignorato i numerosi appelli provenienti da tutto il mondo in questi anni, decidendo di mantenere la propria decisione e senza abolire quindi la pena capitale per il proprio Stato. Suppiah è stato quindi condannato a morte dopo 5 anni rispetto al pronunciamento della condanna.

Una storia che a molti sembra davvero incredibile nella sua durezza e tristezza. Ovviamente la morte dell’uomo ha innescato una reazione molto dura da parte di tutte le organizzazioni che si occupano di diritti civili e umani. E che ovviamente chiedevano da tempo un alleggerimento della sentenza. Al momento però, rispetto ad altri Paesi asiatici che hanno deciso di adottare un approccio molto meno drastico rispetto al passato, specialmente riguardo alle punizioni per le droghe leggere, Singapore ha scelto invece di mantenere regole rigide e dure per quanto concerne i reati di droga. Chi vive lì quindi rischia di essere giustiziato anche solo per il possesso di cannabis, indipendentemente dalle quantità.

La pena di morte resta in vigore in tanti Paesi del mondo. Ancora oggi, tante persone vengono giustiziate nonostante gli appelli allo stop. Un problema etico e morale che non trova ancora una soluzione soddisfacente.

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