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C’è un uomo a Gaza che Israele considera già morto

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Paolo Zignani

Il leader di Hamas è Yahya Sinwar, apparso in pubblico di rado. Gli ordini più feroci provengono da lui. Il suo scopo è cancellare Israele.

Yahya Sinwar sarebbe potuto morire già due anni fa, quando è stato confermato alla guida di Hamas. Allora un raid israeliano ha colpito la sua casa in sua assenza e così è sopravvissuto. Non per molto, dato che Israele ha decretato di fatto la sua condanna a morte. La pena di morte in Israele è stata abolita da molti anni, con l’eccezione dei crimini più gravi, come il genocidio, i crimini di guerra, contro l’umanità, contro il popolo ebraico, oltre al tradimento militare.

C'è un uomo a Gaza che Israele considera già morto
Carri armati in marcia verso Gaza – lintellettualedissidente.it Ansafoto

L’unica esecuzione capitale è stata quella, storica, di Adolf Eichmann, impiccato nel 1962 dopo un processo per genocidio e crimini contro l’umanità. Per Sinwar non ci sarà un processo, e d’altra parte non lo si può paragonare a uno dei massimi responsabili dell’Olocausto, ma il portavoce delle forze armate israeliane Daniel Hagari lo ha definito “un uomo morto”.

Israele ha annunciato una vendetta terribile

Già tra 2008 e 2009 Israele, quando condusse l’operazione Piombo Fuso a Gaza, riuscì a sopprimere fisicamente gli uomini più rappresentativi di Hamas, fra le numerose vittime, senza però riuscire per niente a sradicare il terrorismo, oggi molto più forte di allora, con un consenso che appare cresciuto. Hamas a Gaza ha vinto le elezioni nel 2006, quando già da otto anni era considerata organizzazione terroristica sia dall’Ue che dagli Stati Uniti.

C'è un uomo a Gaza che Israele considera già morto
Yahya Sinwar saluta festeggiando il 35° anniversario di Hamas, nel 2022 – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Sinwar, classe 1962, è stato eletto leader di Gaza nel 2017 e come comandante dell’operazione di sabato Israele vuole sopprimerlo. Senza affatto distinguere tra ramo politico e ramo militare di Hamas, come hanno fatto alcuni Stati, come Regno Unito e Australia, che considerano terrorista solo l’organizzazione militare di Hamas, cioè le brigate Ezzeline. Daniel Hagari ha aggiunto che sia il comando politico che militare e tutte le sue strutture sono condannate. Non è secondario il fatto che Sinwar sia stato eletto, quando già da due anni, cioè dal 2015, era stato inserito nell’elenco dei terroristi internazionali (Sdgt) del dipartimento di Stato di Washington.

E’ nella lista americana dei terroristi più pericolosi

Nato in un campo profughi, a Khan Younis nella Striscia, ha passato 23 anni, quasi metà della sua vita, in carcere in Israele, con quattro ergastoli sulle spalle e reati come omicidio e rapimento. E’ tornato in libertà nel 2011, grazie a uno scambio di prigionieri. Hamas aveva rapito un soldato, Gilad Shalit, e l’ha rilasciato dopo cinque anni di prigionia in cambio della libertà di mille prigionieri palestinesi.

C'è un uomo a Gaza che Israele considera già morto
Yahya Sinwar durante la conferenza stampa dopo l’elezione del 2017 – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Di Hamas si raccontano innanzitutto, se non esclusivamente, le cupe attività terroristiche, che hanno causato stragi di innocenti. Il consenso interno a Gaza è stato conquistato tuttavia con programmi sociali, secondo lo spirito dei Fratelli Musulmani, ai quali l’organizzazione palestinese è stata affiliata fino al 2015. Gestisce infatti ospedali, sistemi di istruzione, biblioteche e vari servizi ai cittadini. Sinwar, in linea con lo Statuto di Hamas, ha proclamato l’obiettivo di creare uno Stato palestinese, che vada dal mar Mediterraneo al fiume Giordano, cancellando quindi Israele e sostituendolo.

A suo carico le violenze più efferate

Le accuse più pesanti riguardano gli eventi degli ultimi giorni. Viene riferito che è stato lui a dare ordine di uccidere quanti più ebrei possibile. Ha la fama di essere un leader spietato. Ha fondato nel 1985 il ramo di sicurezza di Hamas e ha eseguito un numero tale di condanne a morte da esser soprannominato “macellaio di Khan Younis”, il suo paese natale.

Il motivo delle condanne era la complicità con Israele e la fedeltà all’etica palestinese. Nel 1988 è tornato in prigione per restarci fino al 2011. Viene considerato ostile agli egiziani, dal momento che sostenuto gli islamici in guerra con l’Egitto nel deserto del Sinai. Dipende da lui l’avvicinamento all’Iran, per le relazioni che ha coltivato nel corso degli anni.

 

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