È vero che se ho tutti i soldi liquidi sul conto
A volte ci sono luoghi comuni che fanno più male delle stesse errate convinzioni che li hanno partoriti. Un principio di massima che vale in ogni sfera dell’agire umano, gestione dei soldi inclusa, sia che si sia risparmiatori molto propensi al rischio che per niente.
Prendiamo quest’ultimo caso, quello di chi è completamente avverso al rischio. Qui spesso il rifugio più gradito dal piccolo risparmiatore è la liquidità, ritenuta, a torto o a ragione, la scelta più sicura che vi fosse tra le tante disponibili. Ma le cose stanno effettivamente così? Cioè è vero che se ho tutti i soldi liquidi sul conto o sul libretto di risparmio non sto investendo e quindi non rischio nulla?
L’ultima domanda presenta almeno un paio di questioni spinose da affrontare separatamente. Procediamo con ordine. La prima rimanda al luogo comune di dire che chi è liquido non sta affatto investendo. Tutti i manuali di finanza sono invece concordi nel ritenere che anche la liquidità è un investimento, al pari degli altri. In pratica il risparmiatore sceglie deliberatamente, volutamente, di “investire in liquidità”, di tenere ferma la sua ricchezza, al pari di chi decide di fare diversamente. Non solo, ma secondo le stesse fonti ha deciso di investire in quello che, storicamente, è sempre risultato il peggior investimento esistente: la liquidità.
Spesso questa scelta deliberata e ricercata nasce dalla legittima paura di subire una truffa, una perdita o di lasciarsi guidare da una persona non onesta e/o non competente. Tuttavia, l’investimento in liquidità comporta la certezza assoluta al 100% di subire le classiche perdite da inflazione. Non si tratta di un parere personale ma un dato di fatto matematico, ineludibile. Giusto a titolo di esempio abbiamo visto quanto valgono 100mila € tenuti liquidi sul conto dal 2020 ad oggi.
Certo, poi vi sono anche investimenti al termine dei quali si conteggiano perdite in conto capitale, da spese e da inflazione, trasformando l’operazione in un incubo! Tuttavia, ponderando al massimo il rischio si può perlomeno provare a difendere il potere d’acquisto del capitale sul lungo termine.
Infine, vanno considerate le spese vive, tipo l’imposta di bollo nei casi, modi e tempi previsti dalla Legge. Oppure pensiamo alle spese di gestione di un conto corrente (il libretto di risparmio in genere non le prevede). Infine, un altro costo da sopportare è quello opportunità, legato al mancato sfruttamento della prima alternativa disponibile e alla quale si è rinunciato. Sul mercato le buone occasioni non mancano, anche se spesso si tratta di saperle individuare. In chiusura un cenno va fatto in merito alla classica “certezza dei soldi in banca”. In caso di fallimento di un istituto di credito, ipotesi remota ma pur sempre possibile, il FITD garantisce un correntista fino a 100mila €.
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