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Storia Filippo Corridoni, l’arcangelo sindacalista

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Vincenzo Colao

Il soprannome di Filippo Corridoni fu quello di “Arcangelo sindacalista” e questo già potrebbe raccontare molto di quest’uomo o comunque darne una presentazione fulminante.

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Cosa ha fatto Filippo Corridoni per l’Italia?

Riassunto della sua vita

Filippo Corridoni ha combattuto per l’Italia, ha vissuto per l’Italia ed è morto per l’Italia.

Più di cento anni dopo, a pensarci, ci sembra un riassunto piuttosto particolare della vita di una persona, qualcosa che fatichiamo a figurare possa accadere oggi. Eppure, la storia particolare di quest’uomo continua a rivestire un fascino unico nel suo genere, proprio per la sua figura del tutto particolare.

Nato nella povertà, tra coloro che avrebbero dovuto faticare parecchio per conquistarsi un pezzo di pane, edotto da un prozio frate, frequentò  le elementari e poi cominciò a lavorare, come suo padre, da operaio in una fornace. Contemporaneamente continuò gli studi, anche perché poté farlo grazie ad una borsa di studio.

Immediatamente manifestò il carattere di chi prende sempre la parte dei più fragili.

Conduceva una vita che molto spesso si manifestava in una livida e gelida durezza, dando parecchio da fare sia dal punto di vista lavorativo che dal punto di vista intellettuale e politico.

Cominciò a lavorare a Milano, come disegnatore tecnico e, più o meno negli stessi anni, entrò a far parte del partito socialista Italiano, in qualità di segretario della sezione giovanile.

Fondò un giornale, ma la sua pubblicazione gli costò anni di carcere a causa delle sue idee contro la guerra.

Per fortuna ci fu un’amnistia e quindi poté uscire prima di galera, continuando a pubblicare per altri giornali, vivendo con il nome di Leo Calvisio. Inutile andare a sottolineare tutte le volte in cui fu arrestato, perché furono diverse decine: il motivo era sempre il medesimo, ovvero il fatto che fomentava le folle durante i comizi, gli scioperi, era un agitatore di animi.

Trasferimento Filippo Corridoni a Milano

Si trasferì definitivamente a Milano e cercò, più o meno nel 1911, di cambiare il sindacato, non ci riuscì ma viene comunque riconosciuto come uno dei capi del sindacalismo rivoluzionario.

Uno dei motivi per cui fu contrario alla guerra era il fatto che la massa di operai veniva caricata in maniera incredibile e la maggior parte dei sacrifici e degli sforzi, e non era assolutamente in grado di sostenere.

In diverse occasioni sostenne il proletariato e continuava a sottolineare che aveva già fin troppi problemi a preoccuparsi anche delle guerre.

Una data importante è quella del 7 giugno 1914 dove ad Ancona si tenne un comizio molto importante.

Vi furono degli scontri con la polizia che fecero partire la Settimana rossa. Questa insurrezione venne originata in questo contesto ma si propagò per tutta la settimana raggiungendo anche tantissime altre parti d’Italia.

Fu proprio durante quella settimana che Filippo Corridoni, all’arena civica di Milano, tenne un comizio: vi furono degli scontri con la polizia durante i quali non solo Corridoni venne ferito ma anche Mussolini.

Venne arrestato nuovamente e proprio in questa circostanza, durante la reclusione, scoppiò la prima guerra mondiale.

Il giorno in cui venne scarcerato manifestò la sua adesione all’interventismo in guerra, cosa che appunto rinnegò tutte le sue idee precedenti antimilitariste e lo pose nelle medesime posizioni di altri esponenti interventisti quali Mussolini, D’Annunzio, Marinetti, Papini, Battisti.

Corridoni e la guerra

Le sue posizioni sull’argomento

Pubblicò un articolo su avanguardia dove sostenne che i proletari tedeschi ed austriaci avevano tradito e che in realtà il proletariato italiano aveva, a causa della contingenza e di una diversa situazione in essere, il dovere di predisporre un piano di guerra.

Il tradimento da parte dei proletari tedeschi deriva dal fatto che essi si ritenevano prima patrioti, quindi prima tedeschi ancora che prima socialisti e quindi questa fu la motivazione sulla base della quale Filippo Corridoni basò il suo cambio di posizione rispetto alla guerra. Per questo l’intervento durante la guerra, ad un certo punto, rivestì proprio, probabilmente nella sua idea, un investimento quasi emotivo, ideologico, sociale.

Tra l’altro, la sua convinzione, era che la sconfitta delle potenze reazionarie e degli imperi centrali avrebbe dato spazio a un movimento rivoluzionario. Grazie alla sua attività di sindacalista cercò, in vari frangenti, di far alleare gli operai italiani con i francesi, anche convinto che essi avrebbero tratto un reale vantaggio da questa alleanza.

D’altra parte, tutto ciò serviva a non andare a complicare la situazione in un momento in cui la guerra stava per scoppiare. Nel mentre, soprattutto le volte in cui veniva rinchiuso in carcere, utilizzava questo tempo e questo spazio per continuare a scrivere, esprimendo tutte le sue idee rispetto ad un futuro nel quale l’Italia sarebbe stata una democrazia diretta, diretta chiaramente dal popolo,e non certo dei partiti politici.

Dopo le radiose giornate di Maggio, e la manifestazione all’arena civica di Milano del 1915, scoppiò la guerra, Corridoni si arruolò a Luglio. È vero che lo fece in maniera volontaria, ma comunque sarebbe stato lo stesso chiamato al fronte dato che aveva le caratteristiche di tutti quelli che poi vennero reclutati.

Conclusioni

Non era particolarmente in salute, ma questo già da tempo, per questo veniva messo nelle ultime file eppure, la sua volontà era quella di raggiungere le prime linee combattere di fronte a tutti.

Anche in questo caso, il non rispettare le direttive, lo portò a ricevere una condanna per diserzione. Alla fine però il suo desiderio di combattere in prima linea venne esaudito e fu schierato nella linea di partenza a San Martino del Carso.

Durante questa battaglia, esattamente il 22 ottobre, il giorno successivo all’inizio della terza battaglia dell’Isonzo, Corridoni trovò la morte. Proprio mentre stavano arrivando i rinforzi che avrebbero aiutato a respingere i contrattacchi, manco di prudenza si espose al fuoco nemico.

Tra l’altro, Mussolini inaugurò, nel 1936, a Pausula, proprio una statua di bronzo che rappresentava questa scena.

In realtà il suo corpo non venne più ritrovato perché la battaglia comunque proseguì e si rivelò una disfatta per gli italiani che si dovevano ritirare. Comunque a Corridoni venne assegnata la medaglia d’argento al valor militare e poi la medaglia d’oro. Oggi la città natale di Filippo Corridoni, Pausula, è stata rinominata Corridonia.

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