"Putin si lamenta di un attentato nella sua residenza, ma non ha prove" - lintellettualedissidente.it Ansafoto
Una pace già difficile solo da immaginare viene funestata dalla notizia di un tentato attacco in una delle residenze di Putin. 91 droni intercettati e distrutti, a detta del Cremlino, un’iniziativa che solo Kiev poteva concepire e tentare.
Sarebbe bastato molto meno per far saltare il tavolo. Tramonta ancora prima di nascere la speranza di un passo in avanti tra Mosca e Kiev dopo il vertice tra Trump e Zelensky.
Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha accusato apertamente gli ucraini di aver attaccato la villa di Vladimir Putin a Novgorod. Lavrov ha annunciato che Mosca «rivedrà» la sua posizione sui colloqui e ha promesso una rappresaglia. «La posizione della Russia sarà rivista», ha dichiarato il consigliere di Putin, Yuri Ushakov, che riferisce di un Trump «scioccato e indignato» per quanto accaduto, e felice di «non aver dato i Tomahawk» a Kiev. «Non va bene, non è il momento giusto», ha commentato il tycoon. «Questa è una tipica menzogna russa», ha replicato Volodymyr Zelensky. Il commento alle parole del presidente ucraino ha il tipico risentito e aspro del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. «Zelensky ‘sta cercando di far fallire la risoluzione del conflitto. Vuole la guerra. Beh, almeno ora dovrà nascondersi per il resto della sua inutile vita” ha dichiarato»,
Zelensky ha insisto nel definire le affermazioni russe come “pericolose” e “false”, sostenendo che lo scopo della Russia è quello di influenzare negativamente i colloqui di pace tra l’Ucraina e gli Stati Uniti. La Russia non avrebbe fornito “prove plausibili” a sostegno delle dichiarazioni di Lavrov ha dichiarato il ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiha. ”Abbiamo bisogno che Trump continui a fare pressione perché da parte di Putin non arrivano segnali di pace”, ha proseguito il presidente ucraino affermando che ”l’unico modo in cui la Russia potrà partecipare alla ricostruzione dell’Ucraina è pagando le riparazioni di guerra”. I russi ”devono darci soldi, decideremo noi come usarli per la ricostruzione”, ha detto Zelensky e non si capisce chi ha perso il senso della realtà se Lavrov che vede droni dove non ci sono o il presidente ucraino che parla come se stesse vincendo e se insistere su una tregua fosse il Cremlino.
“L’Ucraina è uno Stato che è nato grazie al coraggio del suo popolo. Molti non ce l’avrebbero fatta. Ma gli ucraini ce l’hanno fatta. Sono riusciti a preservare se stessi. Sono riusciti a superare tutte le prove della storia e a cacciare gli stranieri dalla casa ucraina. Resisteremo anche ora” diceva Zelensky durante una cerimonia per i caduti mentre portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov guardava altrove, “Il dialogo tra il presidente russo Vladimir Putin e il leader statunitense Donald Trump resta basato sulla fiducia reciproca e le provocazioni di Kiev non possono minarlo”. Il presidente ucraino neanche tentava di ricucire l’ennesimo strappo di un vestito a brandelli “Non mi fido di Putin”, perché il presidente russo ”non vuole davvero la pace” e ”può scordarsi” di partecipare alla ricostruzione dell’Ucraina con ”gas a basso costo” dopo la guerra” ha dichiarato, e subito dopo è sembrato guardare tutto da una prospettiva più vulnerabile “Quello che è certo è che ”l’Ucraina non può sconfiggere la Russia senza l’aiuto degli Stati Uniti”, per cui è necessario che il presidente americano ”Trump continui a fare pressione’‘ su Putin, ha dichiarato Zelensky a Fox News. Un doppia verità, sospesa tra odio, sogni e principio di realtà che sta lacerando l’uomo di Kiev, più di quell’abito che ha ormai rinunciato a rammendare.
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