Non tutte le cartelle esattoriali vanno pagate. Per capire se un debito è ancora esigibile bisogna verificarne la data.
Il contribuente che ha debiti con il Fisco e non paga una cartella esattoriale rischia gravi conseguenze.
![mancato pagamento cartelle esattoriali](https://www.mammastyle.it/wp-content/uploads/2023/06/cartelle-esattoriali-lintellettualedissidente.it-20230607-1024x683.jpg)
L‘Agenzia delle Entrate, infatti, può intraprendere una procedura di riscossione forzata, come il pignoramento dei beni del debitore, tra cui lo stipendio (il pignoramento della casa diversa dalla prima, invece, è legato solo ai debiti superiori a 120 mila euro).
Per questo motivo, è importante agire in maniera tempestiva. Se, però, si tratta di cartelle vecchie, probabilmente non si è obbligati a pagare.
Le cartelle esattoriali, infatti, possono riferirsi anche a debiti caduti in prescrizione. Quest’ultima opera a tutela del debitore ed è automatica, con il semplice decorso del tempo. È necessario, tuttavia, che sia sempre il giudice ad annullare la cartella di pagamento, per evitare che divenga definitiva.
Il giudice competente è:
- il giudice di pace, se la cartella riguarda multe e altre sanzioni amministrative. Il termine per il ricorso è di 30 giorni;
- la Corte di Giustizia Tributaria, se la cartella ha ad oggetto tasse e imposte oppure sanzioni ad esse riferite. Il termine per il ricorso è di 60 giorni;
- il tribunale ordinario, Sezione Lavoro, se la cartella riguarda contributi INPS o INAIL. Il termine a disposizione del ricorrente è di 40 giorni.
Prescrizione cartelle esattoriali: quali sono i tempi stabiliti dalla legge?
Per conoscere se una cartella è prescritta, bisogna recuperarla. In caso di smarrimento, si può richiedere un estratto di ruolo all’Agente di Riscossione.
![casi di prescrizione cartelle esattoriali](https://www.mammastyle.it/wp-content/uploads/2023/06/prescrizione-cartella-esattoriale-lintellettualedissidente.it-20230607-1024x683.jpg)
Bisogna, poi, verificare il foglio riepilogativo e la relativa data, per accertarsi che siano trascorsi i termini.
In realtà, la legge non specifica quando una cartella di pagamento cade in prescrizione. È, quindi, intervenuta la Corte di Cassazione, che ha chiarito che la prescrizione è la stessa dell’imposta a cui si riferisce. Di conseguenza, se la cartella si riferisce a due imposte differenti, anche la prescrizione avrà tempi diversi.
Le imposte si prescrivono nei seguenti termini:
- 10 anni: IRPEF, IVA, IRES, IRAP, imposta di bollo, imposta di registro, imposta ipotecaria, imposta catastale, canone RAI, contributi Camera di Commercio;
- 5 anni: IMU, TARI, TOSAP, multe stradali, sanzioni per protesto assegno o cambiale, sanzioni amministrative legate all’esercizio di attività commerciali, sanzioni tributarie, sanzioni penali legati a delitti e contravvenzioni, contributi previdenziali INPS, contributi assistenziali INAIL. Si tratta, dunque, delle imposte dovute agli Enti locali, come Regioni, Province e Comuni, delle sanzioni e dei contributi previdenziali;
- 3 anni: bollo auto.
Ci sono, tuttavia, degli eventi che possono interrompere la prescrizione. In questo caso, il termine ritorna a decorrere dall’inizio.
Tali eventi sono:
- una nuova cartella di pagamento (cd. intimazione di pagamento);
- un preavviso di fermo o di ipoteca;
- un pignoramento nei confronti del debitore;
- una richiesta di rateazione da parte del debitore
In alcune ipotesi, infine, la prescrizione è “congelata”, cioè non riparte da capo dopo la sospensione. Questo avviene, ad esempio, nel caso di ricorso davanti al giudice oppure di un piano di rateizzazione dell’importo dovuto.