L’origine della parola ciao
Si tratta probabilmente della formula di saluto più nota al mondo. Utilizzata anche in tantissime altre lingue oltre l’italiano come cenno di amicizia e di intimità.
Avviene in Sud America, ma anche in Francia, in Germania e, talvolta, negli Stati Uniti: in molti casi, però, serve esclusivamente per chiudere la conversazione, non per avviarla. In Brasile hanno addirittura manipolato la parola ulteriormente, fornendola di una sonorità ipnotica: si salutano con tchauzinho.
Insomma, si tratta di un piccolo punto di riferimento sociale. Ma ti sei mai chiesto cosa significa? Avresti mai detto che si tratta di una formula che fa riferimento, addirittura, alla schiavitù? Ebbene, ecco come è possibile. Conoscevi l’origine della parola ciao? C’entrano i veneziani e, malgrado loro, alcuni popoli slavi dei tempi antichi.
Nella lingua italiana è piuttosto comune utilizzare parole provenienti da situazioni cronologiche o geografiche impensabili. Anche dietro una parola banale come muscolo, ad esempio, si nasconde la metafora usata dai latini per descriverli: ovvero dei piccoli topolini (dal latino “mus”, da cui l’inglese “mouse”) che sembravano nascondersi sotto la pelle. La stessa assurda vicenda spiega la parola ciao.
Dobbiamo infatti sapere che ciao, in italiano, ha un impiego tutto sommato recente. Infatti, si diffuse solo a partire dallo scorso secolo. Prima aveva un forte impiego nei dialetti veneti. S’ciavo era una forma contrita per dire “sono schiavo vostro”. A sua volta il termine ciavo deriva da una parola diffusa nel tardo mondo antico, ovvero sclavus, che a sua volta derivava da slavus. Ovvero alcuni popoli dell’est Europa che nel corso di conquiste militari erano stati portati in servitù (ovvero la situazione giuridica presente nel diritto romano e che comportava l’assenza di poteri giuridici).
Persino Goldoni e Pietro Aretino utilizzarono la formula di schiavitù per far accomiatare i propri personaggi. Ma la formula andò accorciandosi, perdendo molte lettere intermedie. Il risultato finale è diventato uno dei termini più famosi al mondo. Insomma, oltre che di un saluto si tratta di una formula estremamente delicata e cortese di mettersi a disposizione del prossimo, fino quasi alle estreme conseguenze. Il che quasi stride con l’accezione colloquiale che siamo abituati a riservare a questa parola. In una conversazione formale, ad esempio, difficilmente utilizzeremo il ciao. In italiano normalmente viene impiegato da due persone che hanno una stretta conoscenza oppure, al più, da una persona più grande di età che saluta una decisamente più giovane.
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