I casi nei quali è possibile versare i contributi previdenziali (lintellettualedissidente.it / fonte ansa)
È davvero utile pagare contributi volontari per poter accedere ai requisiti per la pensione oppure si tratta di denaro che sarebbe meglio conservare? Analizziamo la questione
È un quesito che tante persone, specialmente quando non mancano molti anni alla pensione, si pongono. Ovvero se effettuare autonomamente il pagamento dei cosiddetti contributi volontari sia effettivamente conveniente o se si tratti di denaro sprecato che sarebbe preferibile conservare e spendere per altro.
A questo tipo di versamento possono accedere tutti i lavoratori, compresi quelli operanti attraverso Gestione Separata Inps, che per varie ragioni abbiano interrotto il proprio lavoro.
Per esempio in caso di sospensione per periodi brevi oppure qualora ci si trovi senza lavoro dipendente o autonomo, si può andare a ‘coprire’ il buco previdenziale pagando di propria tasca i contributi del relativo periodo. Si vanno cioè a versare quote contributive in forma spontanea per non perdere la possibilità di andare in pensione con determinati requisiti oppure per incrementare la stessa. Questa procedura è ovviamente prevista dalla legge e vale anche in caso di interruzione dell’attività lavorativa in via definitiva.
Trovarsi in stato di disoccupazione implica la non possibilità di raggiungere la necessaria quota di contribuzione per l’accesso alla pensione, da qui la possibilità di erogare all’ente previdenziale tali contributi. Nei periodi relativi ai contributi versati il soggetto non deve però svolgere alcuna attività lavorativa; inoltre i versamenti possono essere interrotti per poi essere successivamente ripresi.
Solo in alcuni casi specifici è possibile che il contribuente che effettua tale versamento stia continuando a lavorare: per esempio nel caso di lavori con contratto part time orizzontale o verticale, oppure per sospensione del lavoro a causa di un’aspettativa o per congedi di diversa natura ma anche per malattia, sciopero, per motivi familiari o per formazione; e anche nel caso di specifici lavori di tipo agricolo.
Un requisito importante prevede che al momento della richiesta all’Inps della possibilità di versare i contributi previdenziali occorrerà aver maturato almeno cinque anni di contributi, pari a 260 contributi settimanali e 60 mensili; e, nei cinque anni che precedono la data di presentazione della domanda, almeno tre anni di contribuzione.
Si tratta di requisiti minimi necessari che riduce la platea di lavoratori che possono versare i contributi volontari; quando l’Inps ha accertato il rispetto dei requisiti minimi verranno determinate le specifiche quote di contribuzione adottando un altrettanto specifico meccanismo di calcolo, che varia in base alla categoria di lavoratore. Le quote non potranno essere versate in un’unica soluzione ma sulla base di scaglioni trimestrali con scadenze 30 giugno, 30 settembre, 31 dicembre mentre quarto e ultimo trimestre va pagato il 31 marzo dell’anno seguente.
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