Alcune condotte del datore di lavoro possono tradursi nell'illecito di bossing (lintellettualedissidente.it)
Alcuni comportamenti dei datori di lavoro e dei superiori possono essere pericolosi campanelli d’allarme. Come tutelarsi?
Le condotte dei capi che, sul posto di lavoro, impartiscono critiche, umiliazioni, minacce possono consistere in ipotesi di bossing.
Il bossing consiste in una tipologia di mobbing verticale, ossia compiuto da un superiore ai danni di un dipendente.
I primi segnali preoccupanti, nella maggior parte delle ipotesi, sono un cambiamento repentino degli atteggiamenti, rimproveri troppo frequenti, esclusione da corsi di formazione o aggiornamento, da trasferte di lavoro, riunioni ed eventi aziendali, mancata concessione di ferie e permessi, affidamento di incarichi umilianti.
La ragione primaria per la quale tale fenomeno si verifica è costringere il lavoratore a dimettersi, magari perché si è intenzionati ad assumere personale più giovane oppure per ridurre l’organico o, ancora, perché si vogliono escludere i soggetti più in gamba.
Continuare a lavorare subendo delle vessazioni quotidiane non è di certo semplice. Per questo motivo, i lavoratori possono tutelarsi denunciando il capo responsabile di bossing presso il Giudice del Lavoro o la Polizia.
La denuncia, tuttavia, va motivata e i fatti dichiarati vanno adeguatamente provati.
Il lavoratore deve, innanzitutto, rivolgersi ad un avvocato o a una delle Associazioni di categoria. Deve, poi, trovare prove idonee dei fatti lamentati.
Se, però, i comportamenti del capo possono far presagire conseguenze pericolose per il dipendente, questi deve difendersi immediatamente, denunciando le condotte prima all’Ufficio delle risorse umane.
Un’altra forma di tutela è denunciare l’azienda alla Guardia di Finanza.
Il processo per bossing che si instaura dopo la denuncia può essere molto lungo ma, nella maggior parte delle ipotesi, i lavoratori ottengono giustizia.
Il bossing, infatti, è un illecito e, di conseguenza, è punito con adeguate sanzioni.
Decidere di ridurre il personale oppure di punire un dipendente che non è più produttivo, non giustifica, in alcun caso, condotte che sfociano nel mobbing o nel bossing.
Spingere un lavoratore a dimettersi con la forza è un vero e proprio abuso psicologico, che può sfociare in preoccupanti patologie, come depressione, ansia, insonnia e può comportare non solo danni biologici ma anche danni morali.
Per questo motivo, il capo o il datore di lavoro dichiarato colpevole al termine del processo è obbligato al risarcimento dei danni nei confronti del lavoratore.
L’ammontare della somma di denaro viene stabilita dal giudice, prendendo come riferimento lo stipendio spettante nel lasso di tempo durante il quale è stato compiuto il bossing.
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