Suicidato chi bruciò il corpo di Lea Garofalo (Credits foto: Ansa) - L'intellettualedissidente.it
Trovato morto Rosario Curcio, l’uomo che uccise Lea Garofalo e fece sparire il suo corpo: si è impiccato in carcere
Si ucciso in carcere l’uomo che uccise Lea Garofalo e bruciò il suo corpo per farne perdere le tracce. Rosario Curcio ha deciso di impiccarsi mentre era detenuto nel carcere di Opera.
Il 47enne era stato condannato all’ergastolo dopo i due gradi di giudizio per aver l’omicidio di Lea Garofalo, testimone di giustizia che fu uccisa a Milano 14 anni fa, il 24 novembre 20009. La donna fu prima rapita e dopo uccisa da Curcio e suo fratello. Il 47enne bruciò il suo corpo con l’intento di farlo sparire per sempre. Ma venne arrestato e condannato all’ergastolo: si è suicidato mentre era detenuto nel carcere di Opera.
Rosario Curcio si trovava all’interno del carcere di Opera, mentre stava scontando l’ergastolo per via della condanna per omicidio e distruzione di cadavere. La vittima fu Lea Garofalo e la sua morte fece molto scalpore in quegli anni. Il 47enne si è impiccato nella sua cella. Curcio è stato trasportato prontamente presso il Policlinico.
Non sono serviti a nulla i tentativi dei medici di salvare il detenuto durante le poche ore di ricovero. Durante la giornata di giovedì 29 giugno è deceduto. La Procura ha disposto l’autopsia della salma, che è stata trasferita presso l’Istituto di medicina legale di piazzale Gorini. Ad oggi non sono chiari i motivi del gesto estremo da parte dell’uomo e, secondo quanto ci è dato sapere, non è chiaro se il 47enne abbia deciso di lasciare un messaggio che spiega la sua volontà di togliersi la vita.
Curcio era stato condannato in via definitiva per aver ucciso la testimone di giustizia Lea Garofalo, 35enne, che aveva fornito agli inquirenti informazioni importantissime sulla faida tra e due famiglie Garofalo e Cosco. A quest’ultima famiglia Curcio aveva dato la sua fedeltà, partecipando all’uccisone della donna. Curcio venne quindi dichiarato colpevole di omicidio in concorso con il marito della Garofalo, Carlo Cosco, Massimo Sabbatino, Vito Cosco e Carmine Venturino.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini degli inquirenti e messo nero su bianco durante il processo, ad attirare la sua ex -moglie fu proprio Carlo Cosco. L’uomo convinse Lea Garofalo a raggiungerlo a Milano per tenderle il tranello che le risultò fatale. Lea Garofalo era appena uscita dal programma di protezione e decise di raggiungere il suo ex compagno perché questo gli aveva riferito di voler parlare della loro figlia, Denise.
La Donna raggiunse il marito che la portò in un appartamento e la uccise, con l’aiuto del suo complice e fratello Vito, detto “Sergio”. Secondo quanto stabilito dalle indagini, Curcio – insieme a Venturino e Sabbatino – spostò il corpo nei pressi del quartiere San Fruttuoso di Monza e, con l’intento di farlo sparire, diede fuoco al cadavere, che bruciò per tre giorni.
Fu la confessione di Venturino, anni dopo l’omicidio, che smentì la versione secondo cui il corpo della donna venne sciolto nell’acido. Le indicazioni dell’uomo permisero agli inquirenti di ritrovare il luogo in cui venne bruciata la salma della donna e di recuperare un gran numero di frammenti ossei e la collana che era in possesso della donna. Rosario Curcio non aveva preso parte al tentativo di sequestro della donna, avvenuto nel maggio del 2009, ma era stato comunque condannato in via definitiva al carcere a vita.
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