Il capitale investito per comporre pensioni integrative entra nel mercato obbligazionario ed azionario - LIntellettualeDissidente.it
In termini di rendimenti, i contributi per la previdenza integrativa possono subire importanti rivalutazioni al ribasso: scopriamo perché.
Sappiamo che il capitale versato a livello contributivo serve a comporre il trattamento pensionistico a cui si avrà diritto una volta raggiunti i limiti di età e di contribuzione per abbandonare il mondo del lavoro. Per legge, questi fondi non possono rendere negativamente. Al più, essendo la loro rivalutazione legata al prodotto interno lordo nazionale quinquennale, possono emergere periodi di perdita, come nei casi di crisi finanziarie (ad esempio la recente crisi causata dalla pandemia).
Tuttavia, anche in questi casi il capitale accumulato non può essere eroso e quindi le eventuali perdite vengono traslate e ammortizzate nel tempo. Ciò per quanto riguarda i contributi obbligatori. Cosa dire invece riguardo ai fondi pensione? Ebbene, la situazione è in questo caso diversa: il capitale investito per comporre pensioni integrative, infatti, entra nel mercato obbligazionario e azionario.
Ciò significa che si assume tutti i rischi relativi al suo rendimento, che risulta incerto proprio in ragione della natura del mercato entro cui viene investito. Ma non solo: oltre a non esserci garanzia di rendimento, vi è anche la possibilità di perdita. Ad esempio, secondo la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip) lo scorso anno i fondi pensione hanno perso in media il 10% del loro valore, con punte che hanno raggiunto quota 12,5%. Il che significa che dieci anni di guadagni dei lavoratori, di punto in bianco si sono azzerati.
Quando consideriamo i fondi pensioni, dobbiamo distinguere fondamentalmente tra tre macro gruppi: quello azionario, quello obbligazionario e quello dei titoli di Stato. Alcuni promettono garanzie e guadagni maggiori, altri sono più esposti alla volatilità del mercato. Ma, in ogni caso, sono tutti “dipendenti” dalle oscillazioni dei mercati finanziari, dunque incerti e rischiosi.
E non solo: un altro rischio da tenere in considerazione è quello della liquidità, soprattutto per i fondi più modesti e di piccole dimensioni che, in caso di temporanee crisi finanziarie, potrebbero non riuscire a sostenere le richieste di riscatto. Senza contare che gli errori negli investimenti, di cui i lavoratori restano pressoché totalmente ignari, sono all’ordine del giorno.
Dunque cosa fare? Dove trovare una garanzia di rendimento certa? Si sa: alcuni mercati risultano vere e proprie scommesse che a volte si traducono in successi e altre in perdite. Senza dubbio è essenziale avere accortezza del livello di stabilità del mercato in modo costante e tenere sotto controllo l’andamento delle sue oscillazioni per prevedere i dovuti accorgimenti in caso di significativi aumenti di rischio. In alternativa, lasciare i soldi del TFR in azienda può risultare la scelta più opportuna.
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