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Chi è Giovanni Presutti: storia di un fotografo di successo

Foto dell'autore

Vincenzo Colao

Giovanni Presutti è un fotografo fiorentino, classe 1965. La sua fotografia è improntata, soprattutto, ad una sorta di analisi critica del mondo in cui viviamo. Ha cominciato a investire molto nella sua carriera da fotografo dopo aver conseguito una laurea in giurisprudenza.

La vita di Giovanni Presutti

Il suo rapporto con la fotografia

Sicuramente la fotografia è uno dei linguaggi dell’arte che è più efficace ed è più interessante.

Si tratta di un codice comunicativo che riesce a cogliere perfettamente alcuni profondi aspetti della contemporaneità. Gli artisti, in genere, non si accontentano delle interpretazioni degli altri, ma cercano di apportare la loro visione e di trasformarla nel suo prodotto creativo.

Sono probabilmente gli esponenti dell’umanità che riescono ad avere un contatto più diretto con il suo processo di evoluzione, quelli più interessati ad abbandonare un passato che diventa tale in maniera più rapida del previsto. In particolar modo, Presutti, ha una visione decisamente ironica che mira a spiazzare chi osserva le sue foto. O semplicemente questo sentirsi disorientati dipende più che altro dal fatto che non siamo abituati ad osservare la realtà dal suo punto di vista.

Quando una persona viaggia nel percorso fotografico pensato per una mostra espositiva, comincia a provare tutta una serie di emozioni che non possono non essere esaminate e non possono non avere un impatto tale da indurre ad una riflessione successiva.

Tra gli aspetti della contemporaneità che sono stati presi in esame dalle fotografie di Presutti c’è la dipendenza che è diventata con lo stratagemma che ha l’uomo dei nostri tempi di cercare di sopravvivere in un mondo che cerca di essere sempre più alienante.

La dipendenza, di solito, porta ad atteggiamenti che vanno oltre ogni eccesso, fino a giungere al punto culminante della assuefazione. Le forme di dipendenza sono molteplici e quasi tutti arrivano, nel corso di una vita, a saggiare con mano le sue conseguenze. Per via diretta o per via indiretta.

Se si vuole andare ad indagare sulla fragilità intrinseca alle persone, questa è probabilmente la via più diretta in assoluto.

Su cosa si concentra Giovanni Presutti

Oggi le cose a cui l’uomo contemporaneo può avere attaccamento sono molto di più rispetto al passato. Dalle dipendenze più diffuse, quella ai farmaci, agli alcolici, alle droghe, al fumo, al sesso, al gioco andiamo ad unire la dipendenza al cibo, alla televisione, allo shopping compulsivo, alla chirurgia estetica, ai legami affettivi.

È come se gli strumenti da cui dipendere non diminuissero mai di numero ma andassero ad aumentare, come se ci si cercassero sempre dei nuovi mezzi a cui sia necessario aggrapparsi per non precipitare all’interno del proprio vuoto sentendo in tutta la sua forza.

Ogni persona tende ad ossessionarsi nel suo unico e specifico modo, alla sua specifica droga, fino a farla diventare la sua principale occupazione.

Uno dei talenti di Giovanni Presutti è quello di affrontare questo tema senza puntare il dito contro gli sconfitti, che già vivono spesso in maniera compulsiva e angosciante la propria dipendenza.

Sceglie, in maniera decisamente professionale, di sfruttare tutte le potenzialità dello strumento della fotografia, per indirizzare gli sguardi dove desidera. Dove lui stesso si è soffermato certamente con fare un po’ critico ma mai pesante.

Il concetto di fotografia per Giovanni Presutti

Come utilizza questo strumento

La fotografia è lo strumento che Giovanni Presutti ha scelto per andare a far crollare le certezze delle persone. D’altra parte ognuno di noi ha delle immagini mentali che rispondono a dei concetti universali e da quelle immagini che il fotografo vuole andare a modificare, sovrapponendo le sue.

Come tutta la parte buona dell’arte, non c’è spazio per l’essere rassicuranti.

Che cosa è rimasto dell’uomo, che passeggia su un palcoscenico che lo guida?

Quando ormai i suoi bisogni più profondi non sono più una autentica espressione di se stesso e delle sue mancanze ma sono stati scavati dall’esterno.

L’uomo moderno risulta molto più fragile di quanto possa pensare di essere.

Vittima di istanze condizionanti più forti di lui, che lo stimolano e lo torturano fino a invadere la sua vita.

Probabilmente una delle più grandi paure dell’essere umano risiede nel timore di essere diverso dagli altri, una paura che viene cavalcato da chi ha tutti gli interessi per omologarci.

È chiaro che nelle foto di Giovanni Presutti si sta cercando un senso a quello che è raffigurato.

A differenza di tanti fotografi che magari hanno cominciato la professione, vedendola come tale, Presutti è stato un pittore mancato ancora prima di essere fotografo.

Ammette egli stesso di non aver mai avuto particolare talento per il disegno e quindi di aver virato sulla fotografia perché è il mezzo espressivo che ad un certo punto è riuscito a sopperire al fatto che le immagini non possano produrre da solo.

La sua arte è  improntata alla ricerca, una ricerca che serve in primis a se stesso, a colmare il suo bisogno di comprendere l’età contemporanea e tutto ciò che ricade all’interno di quelle categorie che si separano dal concetto comune di normalità.

Il suo modo di vedere la fotografia

Questo suo modo di vedere la fotografia gli consente una libertà totale: la libertà che in fondo tutti desideriamo e che consiste nel fare ciò che ci piace e ciò in cui crediamo.

Tutto questo lo accompagna con una profonda cura del dettaglio, una importante ricercatezza estetica che gli sono valsi numerosi premi. Con tantissime esposizioni personali, pubblicazioni sulle riviste di settore e tantissime collezioni hanno acquisito le sue opere.

Un’altra indagine che ha svolto, in questo caso presentando le sue fotografie in bianco e nero, è quella del tema del corpo e dell’identità vista dal punto di vista fisico.

Sembra quasi che l’autore cerchi un dialogo con i suoi soggetti, abbia molta più curiosità per essi di quanto potrebbero avere tantissimi artisti che, sostanzialmente, si limitano a interpretarli. Per non dire giudicarli.

Di base siamo un corpo ma al contempo se fossimo solo un corpo non avremmo tutti quanti un rapporto con esso, come invece avviene. E questo è uno di quei temi dominanti che dobbiamo costantemente affrontare nel corso della vita, esponendoci allo sguardo dell’altro, che potrebbe giudicare il nostro corpo o che potrebbe desiderarlo.

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