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In presenza di Schopenhauer: libro di Michel Houellebecq

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Vincenzo Colao

In questo articolo vedremo le motivazioni che spinsero  Michel Houellebecq  a scrivere l opera “In presenza di Schopenhauer”. Abbiamo tutti i nostri autori preferiti, anche gli scrittori li hanno e di solito, in questo caso, ne approfittano per scrivere un saggio su di loro ed esprimere il loro autorevole parere.

E ciò che ha fatto Michel Houellebecq con il testo “In presenza di Schopenhauer” dove parla di quello che risulta essere tra i suoi filosofi preferiti e sicuramente uno degli autori che più ha influenzato il suo pensiero.

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Perchè Michel Houellebecq ha scritto questo libro?

Cosa c’è dietro alla stesura del libro “In presenza di Schopenhauer”?

Accantonando per un attimo la forma del romanzo,  l’autor con  l opera in presenza di Schopenhauer” decide di rendere omaggio ad uno dei filosofi tedeschi più amati in assoluto. A tutti è successo, appunto, di imbattersi in un testo di un autore non ancora conosciuto e sentire che quel testo andava a segnare uno spartiacque rispetto ai propri gusti precedenti, rispetto a tante proprie idee, rispetto al proprio concetto di letteratura. Magari nemmeno da troppo giovane, forse a trenta o anche a quarant’anni, quando si pensa di aver già letto tutto ciò che era necessario leggere.

In realtà, quello che facciamo è seguire una sorta di filo rosso che ci sposta da un’ala all’altra della libreria ma sempre secondo le nostre logiche interne. A volte sconosciute persino a noi stessi.

Michel Houellebecq ha più o meno 25 anni quando scopre gli Aforismi sulla saggezza del vivere di Schopenauer e ne rimane chiaramente folgorato. Vediamo ora quali sono i punti in comune tra questi due autori, senza poter affermare con certezza quanto Michel Houellebecq sia stato influenzato o quanto semplicemente abbia riconosciuto se stesso in quello che stava leggendo.

Ad entrambi risulta evidente quanto la vita sia intrisa di sofferenza, di sicuro non parliamo di due autori allegri e ottimisti, ma che preferiscono uno stile di prosa improntato ad un elegante pessimismo.

Ma essere pessimisti non significa necessariamente essere cinici: è molto importante, invece, utilizzare la propria consapevolezza per andare a esacerbare la compassione.

Non è facile per gli intellettuali adattarsi al mondo, non è facile né per Michel Houellebecq, né per Schopenauer. L’unica via di fuga potrebbe essere data da una serena contemplazione estetica, nella quale si rifugiano e dalla quale partono le loro considerazioni.

Cosa unisce questi due autori nello specifico?

Un punto di incontro tra questi autori è dato proprio dai temi che affrontano, quelli di cui sembra che l’intellettuale non dovrebbe parlare. Ad esempio l’amore, il dolore, la morte, la pietà.

Tutti i lettori di Schopenhauer sanno che questo filosofo tedesco era sicuramente molto diverso rispetto agli altri e decisamente originale. Ancora oggi risulta un autore moderno, piacevole da leggere tanto quanto un bravo romanziere.

Schopenhauer non ci risparmia il lato oscuro di quello che significa essere umano e quindi una creatura intrappolata dalle sue stesse passioni. Un essere umano che aggiunge, proprio a causa di esse, a commettere i suoi più atroci delitti.

Un’analisi molto importante, e che troviamo all’interno del libro  “In presenza di Schopenhauer” è quella che il grande filosofo fece durante la sua opera per quanto riguarda la percezione che ha della realtà un artista.

Schopenhauer e la percezione dell’artista

La concezione di dell’artista come un bambino di Schopenhauer

Secondo Schopenhauer l’artista è una persona che ha una percezione particolare sulle cose. Si tratta dunque di una predisposizione per nascita, qualcosa che assolutamente non si può apprendere e che quindi non può essere insegnato, né tramandato.

L’artista viene come rapito: è un contemplativo puro, sostanzialmente rimane passivo di fronte a ciò che vede ma, proprio per questo, si fa il canale di trasmissione della sua percezione unica nel suo genere.

L’artista è più simile a un bambino, a un matto, un sognatore di chiunque altro e Houellebecq lo sottolinea, proprio per criticare il mondo dell’arte e della cultura contemporanea che sembra perdutamente legato a doppio filo al concerto di mercato, di produzione e di vendita.

In ogni opera d’arte deve esserci un tocco di ingenuità, qualcosa di comprensibile proprio perché alla base si genera in maniera semplice.

Anche il mestiere del critico, purtroppo, contribuisce ad annientare completamente il lato puro e creativo della scrittura o dell’opera d’arte, perché cerca di smontarla in mille pezzi e renderla molto più complicata di quanto in partenza non sia.

Pretendendo addirittura di comprendere come è stata concepita, in virtù di cosa o per affrancarsi da cos’altro.

Il distacco è  quasi mistico: nessuno deve avere la pretesa di stravolgere l’opera d’arte sulla base della propria proiezione personale. Un’opera d’arte deve essere solo e semplicemente contemplata.

Michel Houellebecq si mette anche alla ricerca di tutti i numerosi segni di modernità dell’opera di Schopenhauer. Comunque, nonostante per tutto il suo saggio faccia innumerevoli riferimenti anche a tanti altri testi e autori che sono seguiti, cronologicamente, all’opera del filosofo tedesco non innovando nulla e non dicendo nulla che lui non avesse già sostenuto, Houellebecq torna sempre ai suoi amati Aforismi.

Conclusioni sul libro in presenza di Schopenhauer

Di sicuro il fatto che essi siano fruibili e lo si possa fare in maniera piacevole, colpisce ancora oggi.

Non è facile vendere pillole di saggezza che, se praticate, possono addirittura condurre a qualcosa che sembra così inafferrabile come la felicità.

Una felicità che sorge proprio nel momento stesso in cui si smette di andare a cercarla nella soddisfazione dei propri desideri, che tutto sommato sono immotivati, irragionevoli ed effimeri.

È chiaro il carattere impresso dalle radici della filosofia orientale, in particolare quella buddista che viene resa decisamente fruibile per l’uomo occidentale grazie al filtro del pensiero di Schopenhauer. In Fondo, la vera medicina è il distacco dal desiderio che ci rende deboli.

Mentre il mondo si dirige sempre più convinto verso l’obiettivo di raggiungere un riscontro economico e la popolarità, ancora oggi il pensiero di Schopenhauer suona come un’eco a derisione di questo genere di illusione.

Col suo stile di vita pare che Michel Houellebecq abbia preso sul serio ogni singolo aforisma del suo caro Schopenhauer e inviti a farlo anche noi. Questo è il motivo per il quale questo libro merita di essere letto così come i critici hanno più volte sottolineato.

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