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Perché la specie umana è riuscita a dominare il mondo?

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Francesca Crepaldi

L’uomo, essere della specie umana: architetto di opere capaci di resistere all’incessante scorrere del tempo, navigatore di oceani prima – e galassie poi, medico in grado di combattere i più resistenti ceppi di virus e sconfiggere – talvolta – persino la morte. Artista, pensatore, filosofo: dominatore del mondo.

Come è riuscito a raggiungere, praticamente, i vertici di questo pianeta?

Un accenno alla teoria dell’evoluzione della specie umana

In principio erano i primati, da cui si evolsero cinque milioni e mezzo di anni fa gli Ardipithecus.

Questa specie aveva davvero molto in comune con gli scimpanzé e i gorilla: come, per esempio, l’utilizzo di soli due arti a terra e quattro quando invece si spostava tra i rami degli alberi.

Appena un miliardo e mezzo di anni dopo, è possibile collocare gli australopitechi e certamente tutti conosceranno Lucy, la celebre donna scimmia vissuta poco più di tre milioni di anni fa in Etiopia: dagli studi condotti sui suoi arti inferiori e sul suo bacino risulta evidente quanto, ormai, la posizione eretta fosse stata conquistata.

Ma fu circa due milioni di anni fa che fece la sua comparsa il genere umano: l’homo habilis constava di una scatola cranica decisamente più sviluppata di quella degli ominidi che lo avevano preceduto, ma di contro la sua mascella era più leggera, dovuto al cambio di dieta a cui era andato incontro diventando onnivoro.

Da lì il passo fu veloce: homo erectus – primo raccoglitore e cacciatore, primi sporadici usi del fuoco, primi rifugi costruiti; fino a giungere – duecentomila anni fa – alla comparsa del celebre homo sapiens.

Homo sapiens: uomo che sa.
E’ un uomo che pensa, si organizza in comunità comunicando con i suoi simili attraverso lo sviluppo di un linguaggio condiviso.

L’avvento del linguaggio e la sua importanza nel consolidamento di una società

Circa settanta mila anni fa, quindi, il sapiens sviluppa quella capacità che getterà il seme per la conquista del mondo: il linguaggio. Per molti si tratta di una vera rivoluzione cognitiva poiché l’avvento di questo cambiamento epocale sposta il livello della vita dell’uomo da quello puramente legato alla realtà in cui vive per la sua sopravvivenza (colmare i suoi bisogni primari), a un livello più astratto legato alla possibilità di formulare dei pensieri, di immaginarli, e infine di narrarli.

È proprio attraverso l’uso del linguaggio che le comunità si consolidano, mediante la condivisione di valori, di leggende, miti, storie: la chiave è riconoscersi, appartenersi. Condividere leggi, un credo religioso, un obiettivo da raggiungere…che fosse costruire un monumento funebre per commemorare un faraone o conquistare un territorio.

Ma cosa spinge un gruppo di uomini a dar credito a un pensiero, concretizzato in parole da un altro essere umano? La fiducia. È proprio questa caratteristica che fa sì che gli individui che compongono un gruppo possano configurarsi come una vera e propria società.

La capacità di modificare il mondo della specie umana

Contestualmente di pari passo al concetto di fiducia, allo sviluppo di un codice comunicativo condiviso con cui formulare pensieri e dar voce al proprio immaginario, un altro fattore che occorre considerare nella scalata del successo dell’essere umano alla conquista del mondo è la sua capacità di modificare la realtà che lo circonda. Nel corso della sua evoluzione l’uomo ha imparato ad adattare l’ambiente in base ai suoi bisogni: ha immaginato, ha provato ed è riuscito.

Autostrade, trafori, opere ingegneristiche, tecnologia, farmaci, aerei, auto, fabbriche: nulla di questo, però, sarebbe potuto esistere se l’uomo non avesse imparato ad articolare i suoi pensieri e il suo immaginario in parole.

Un dubbio etico

Eppure qualcosa non torna.
In un mondo sempre più ammalato, ricordiamo che il cancro è tra le principali cause di morte, davvero questo uomo – quello che nel suo delirio di onnipotenza distrugge, inquina, fa guerre mosso da “se posso immaginarlo posso realizzarlo” – è superiore?
Davvero queste conquiste lo mettono a capo di una piramide di intelligenza, importanza e potere?
Proprio lui, questo uomo che è carnefice, ma anche vittima della sua stessa smania di oltrepassare i suoi limiti?

Forse il vero interrogativo da indagare non è tanto il perché e il come l’uomo sia riuscito a imporre la sua supremazia sulla terra, ma per quanto tempo ancora potrà continuare a farlo.

 

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